Ugolino nasce ad Ascoli Piceno nel 1841 e poco più che ventenne si trasferisce a Firenze, allora capitale del neonato Regno d'Italia.
Qui frequenta il celebre Caffè Michelangelo, situato a poche centinaia di metri dal suo studio fiorentino dove partecipa alle vivaci ed accese discussioni sui progressi della scena artistica cittadina, molto più interessanti delle tradizionali lezioni in accademia. Intanto alterna il suo soggiorno in Toscana con diverse permanenze a Parigi, all'epoca metropoli centro di riferimento europeo delle arti.
In Toscana entra in contatto con i "Macchiaioli", un gruppo di artisti attivi principalmente in Toscana nella seconda parte del XIX secolo, che rifiutavano i soggetti mitologici, come pure il Neoclassicismo, e il Romanticismo, preferendo il Realismo francese molto in voga in quei decenni. Nel tempo si costruisce nell'ambiente culturale, una reputazione di tutto rispetto diventando un apprezzato scultore, assume anche il ruolo di redattore del Gazzettino delle Arti e del Disegno, una rivista pubblicata sempre in Toscana. La sua opera più conosciuta è il monumento a Giacomo Leopardi eretto a Recanati. Quando vince l'appalto nel 1864, aveva già realizzato un modello in gesso, ora conservato nella Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, messi a confronto appaiono molto simile, ma con uno sguardo più attento si notano alcune differenze.
Nel 1864 a Parigi si tenne l'Esposizione Universale e l'artista ascolano poteva partecipare con l'opera, ma la famiglia Leopardi presentò una formale protesta pubblicata da vari giornali italiani, in particolare i fratelli Paolina e Carlo insieme alla cugina Ipppolita Mazzagalli, erano contrari alla scultura. Ritenevano che non era "somigliante" e per di più non rappresentasse in maniera adeguata Giacomo, sopratutto Carlo gli contestava che, per riprodurre i lineamenti, non avesse accettato il famoso ritratto di Luigi Lolli, che la famiglia gli aveva messo a disposizione, preferendo invece la maschera funeraria. L'artista infatti, in linea con la nuova tendenza culturale che si dedicava ad una maggiore descrizione scientifica aderente alla realtà, scelse la maschera funeraria poiché era l'unica esatta riproduzione del viso del poeta.
A Firenze, molte personalità che conobbero il poeta, concordarono nel trovare la statua "esatta e bella espressione del vero", Antonio Ranieri, nelle cui braccia si spense il Leopardi, era un assiduo frequentatore dello studio di Panichi seguiva con estremo interesse i lavori, si commosse per la rassomiglianza con il "suo caro Giacomo"; anche Terenzio Leopardi, cugino ed amico del Poeta, vedendo la statua ne rimase impressionato. Così come numerose persone che avevano in vario modo avuto contatti con il Leopardi, rimasero colpiti dal lavoro e dalla fattezze umane.
La prima inaugurazione del Monumento avvenne nel giugno del 1880, ma l'opera non era del tutto compiuta, mancavano ancora i gruppi scultorei in bronzo che sarebbero poi stati posti nel podio e che lo scultore aveva ideato e iniziato a modellare. Le completò l'amico e collega Ettore Ferrari artista romano e poi politico e Gran Maestro della loggia massonica Grande Oriente d'Italia.
Il Panichi non vedrà mai l'inaugurazione del monumento infatti si spense prematuramente a soli 43 anni, nel 1882. In un recente e approfondita pubblicazione storica viene descritto come un eccellente artista oggi non del tutto valorizzato, soprattutto nella sua città natale, nonostante fosse dotato di un fervido ingegno e di un'appassionata operosità, oltre che di una profonda cultura moderna.
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