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Il desolato ammasso di ruderi avvolti da una copiosa vegetazione è quello che ormai resta a memoria dell'antico castello di Poggio Paganello, che fino XIX secolo era il centro più importante della Valcinante. Incerta è l'origine del nome, tra le varie ipotesi fantasiose che sono state formulate si parlava della presenza di popolazioni pagane, ma molto probabilmente deriva dal nome del suo feudatario o della famiglia che possedeva queste terre. Nel 1356 viene citata nella Descriptio Marchiae Anconitanae e negli statuti ascolani di poco successivi viene annoverato come castello soggetto all'amministrazione della città, mentre a partire dal XV secolo sarà comunità autonoma, con i propri sigilli e statuti, insieme a Valcinante ed ai borghi limitrofi. Era comunque un territorio soggetto al più vasto sindacato di Venarotta, sotto la quale rimase fino al 1831, quando la comunità valcinantese preferì aggregarsi al vicino municipio di Palmiano. In questo periodo emerge la dinastia dei Mariani che sarà una delle più eminenti del castello: del loro importante passato rimangono i resti del loro palazzo dalle fattezze rinascimentali. Tra i membri si ricorda Giovanbattista, erudito ed istitutore del nobile folignate Giovanbattista Scafali, che fece carriera con i monaci gesuiti.
Con l'avvento dell'unità d'Italia e la successiva riorganizzazione dei territori dell'ex Stato Pontificio viene incorporato, nel 1883, nel nascente comune di Roccafluvione. Da qui comincia la fine del paese, che viene mano a mano abbandonato, soprattutto durante la seconda parte del XX secolo, quando l'emigrazione verso la città lascerà Poggio Paganello e i ruderi delle antiche strutture, ormai inavvicinabili a causa della pericolosità e della fitta vegetazione che li ha invasi, al loro solitario destino.

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