Si vede svettare sopra ad Acquasanta se la si guarda verso occidente, percorrendo la Salaria verso Roma. Arroccata sopra un ripido colle a tratti caratterizzato da alte rupi che rompono i verdi boschi sopra il Rio Garrafo, sorta dalle ceneri dell'antico castello di Sassopesele, che passando nel 1289 allo stato ascolano insieme ad altri feudi dei Guiderocchi, era stato dismesso e mano a mano abbandonato. Intanto si andava accrescendo il villaggio di Matera, poco distante il vecchio castello ma in posizione più comoda, sia per i collegamenti che per le coltivazioni, crebbe quindi per tutto il XIV ed il XV secolo fino a prenderne il posto. A quei tempi Matera si trovava nel complesso delle ville amministrate da Quintodecimo ed a partire dal '500 fu investito insieme a tutta la montagna picena, dalla violenza dei numerosi briganti che nascevano in questi villaggi sperduti o qui vi trovavano rifugio. I soldati còrsi mandati dal papato a pacificare le irrequiete montagne passarono anche per Matera e qualcuno di loro si stabilirà nella frazione, passato lo spauracchio dei briganti si costruisce la nuova chiesa di San Benedetto e così si arriva al XVIII secolo. In questo periodo oltre alle pestilenze, alle carestie e alla guerra di successione del regno delle due Sicilie si nota la comunità che costituisce la nuova parrocchia distaccandosi da quella di Quintodecimo, mentre verso la fine del secolo arrivano anche in queste terre i rivoluzionari francesi. Durante la Repubblica Romana nel 1848, riesplodono i focolai del brigantaggio anche a Matera dove spiccherà la figura di Don Giovanni Silvestri, prete brigante che combatteva per la restaurazione pontificia, un ventennio dopo, con l'arrivo dei piemontesi volti ad unire l'Italia, riesplode la guerriglia che vede di nuovo in prima fila il parroco. Oltre al brigantaggio nel 1855 ci si trova a fare i conti anche con il colera, il comune di Quintodecimo sarà tra i più colpiti della regione registrando numerose vittime, infine pochi anni più tardi assisterà all'unità d'Italia e alle gesta dei piemontesi, che riuscirono a reprimere i briganti dell'acquasantano. Nonostante la fine della guerriglia postunitaria, lo spirito indomito degli abitanti di Matera non si è ancora assopito, nel 1881 vengono alle mani per questioni di pascoli con i vicini di Umito che saranno quietate dal sindaco dell'epoca, le violenze riprenderanno nel 1914 stavolta con morti e feriti coinvolgendo anche la vicina Vallecchia. Nel secondo dopoguerra con l'arrivo della modernità nella frazione si assiste ad un grande fenomeno emigrativo che ha spopolato il paese che, nonostante tutto, non è stato abbandonato e nei periodi festivi torna ad essere frequentato. Il pittoresco borgo ci accoglie con la mole delle sue abitazioni serrate una accanto all'altra, come a costituire una solida difesa; alla base degli edifici si apre un'arco che immette in un singolare ambiente coperto. Qui si collegano le tre principali vie che lo percorrono, quella dal quale si è arrivati e che continua portando verso la chiesa di San Benedetto, crollata nel terremoto, la seconda via risale nel cuore del paese attraversando una gradevole piazzetta interna fino ad arrivare, oltrepassando un'altro passaggio coperto, in un'altra piazza. L'ultima strada costeggia il paese a sud e collega alcune case sparse nei pochi campi coltivati, fino ad inoltrarsi nei i boschi. La via principale attraversa la parte bassa del borgo che termina con il sito della chiesa dove ci si affaccia per una veduta a volo d'aquila sopra il Rio Garrafo ed il capoluogo.
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