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Frazione a Nord di Ascoli Piceno, sorta sui crinali a ridosso del monte dell'Ascensione.
Una atmosfera surreale ammanta questo luogo appollaiato sopra uno sperone argilloso e immerso nel meraviglioso mondo dei calanchi. Il nome deriva probabilmente dal latino "Porculatio": allevamento di maiali, forse perché sede di tali attività. In epoca romana, il crinale dove sorge è attraversato da un'antica strada minore. Tracciata partendo da Ascoli, distaccandosi quindi dalla Salaria e risalendo il monte dell'Ascensione, raggiunge probabilmente Fermoo la Cuma di Monterinaldo. Percorso attestato dal miliario romano, ritrovato a poca distanza dal paese, in contrada Cresima, risalente al II secolo avanti Cristo, la più antica iscrizione latina ritrovata nell'area. L'attuale abitato prende vita nel medioevo, sopra uno sperone di conglomerato, materiale costituito da sedimenti più o meno cementati, del quale è composta anche la vicina montagna. La cima di Porchiano è un buon punto strategico, visto la sua relativa altezza, permettendo il controllo delle aree limitrofe. Non esistono documenti che ne attestano la fondazione, abbiamo le prime notizie, quando entra a far parte dei beni della diocesi ascolana, al tempo del vescovo Bernardo II, reggente tra il 1045 ed il 1049. Viene spesso citato nelle bolle degli imperatori germanici, a partire dal XII secolo, come feudo dei vescovi di Ascoli. Lo storico Marcucci sostiene che la famiglia degli Alvitreti, possiede parte del castello, insieme al feudo di Vetreto, frazione di Roccafluvione. Continua ad essere menzionato tra i beni vescovili nelle conferme imperiali di Lotario III nel 1137, di Corrado II nel 1150 e dello svevo Federico Barbarossa nel 1185. Dopo questa data se ne perdono le tracce, lo ritroviamo nel 1237 come possesso feudale di Rinaldo di Boderoccio, che in quella data, cede al vescovo tutti i suoi diritti sui vassalli del castello. Per cause poco chiare, nel 1288 subisce una spedizione punitiva degli eserciti della città. Successivamente la comunità si sottomette allo stato ascolano nel 1297, quando i rappresentanti delle famiglie locali, sottoscrivono i patti di cittadinanza. Molto importante per gli interessi cittadini, grazie alla sua possente rocca, posta a controllo dell'asse viario fondato dai romani. Nel corso del XIV secolo, segue le stagioni della politica ascolana, nel 1348 finisce sotto il giogo di Galeotto Malatesta, voluto dalla città per combattere la guerra contro Fermo. Costretto alla fuga nel 1353, lascia spazio all'operato del Cardinale Albornoz, portatore dell'ordine nei turbolenti Stati Pontifici, durante il governo francese del papato. Nella prima metà del secolo, si ricorda la predicazione nell'area di Meco del Sacco, fondatore di una comunità religiosa sulla cima dell'Ascensione. Tra il 1360 ed il '61, si assiste alla breve tirannia della famiglia Tibaldeschi, saliti al potere ma presto scacciati dal governatore Blasco Gomez. Il castello nei catasti del 1381, è annoverato tra i castelli di terzo grado, i più piccoli del comitato. Inoltre è sede del podestà, ufficiale inviato dal capoluogo, per amministrare e far rispettare la legge nel territorio. Nello stemma comunitario vi è raffigurato un fortilizio munito di tre torri, a sottolineare l'importanza della rocca, inoltre l'amministrazione era provvista dei propri statuti. L'ascolano cade nelle mani di Andrea Matteo Acquaviva nel 1395, presto scacciato dai cittadini; nel 1404 entra a far parte del Regno di Napoli, grazie alla figura di Ladislao D'Angiò-Durazzo. Nel 1413 infeuda a signore del comitato ascolano: Conte da Carrara, fino alla sua morte nel 1421, per poi passarlo ai figli che, due anni più tardi sono costretti a rientrare nello Stato Pontificio. Nel 1426 finisce la signoria dei Da Carrara, ma tra 1433 e 1447 arriva il brutale governo di Francesco Sforza, Gonfaloniere della Chiesa e signore di quasi tutta la Marca. Nella seconda metà del quattrocento, sale agli onori delle cronache ascolane Giacomo Alvitreti da Porchiano, che riveste diverse cariche in città ed in altri centri. Il castello cade ancora nel 1498, sotto la violenta signoria dei Guiderocchi, che insanguina la politica cittadina fino alla cacciata nel 1505. La storia di Porchiano subisce un brusco scossone nel 1528, quando si scontra con le truppe di Odet de Foix, marchese di Lautrec. In carica come maresciallo di Francia, scende in Italia per punire il Re di Napoli, tra i responsabili del sacco di Roma. Durante la lunga marcia, alcune frange dell'esercito passano per Porchiano. La tradizione narra che volendo accamparsi nel castello per la notte, i soldati si vedono bruscamente rifiutare l'ospitalità dagli abitanti, che chiudono le porte e li scherniscono, appendendo dei gatti miagolanti sulle mura. I francesi non prendono bene lo sgarbo e assaltano il castello, una volta penetrati si danno a ruberie, saccheggi, rapimenti e stupri. Molti abitanti vengono passati per le armi o gettati dalle mura della rocca, sorte che tocca anche al castellano Giovanni Giorgio Alvitreti. Il giorno dopo i soldati ripartono, ma solo dopo aver dato alle fiamme l'abitato e la rocca, portando via anche delle donne come prigioniere, poi liberate poi qualche giorno dopo. A prescindere dalla storia dei gatti, l'assalto avviene veramente e nel 1530, i pochi superstiti implorano al governo ascolano, l'esenzione dalle tasse per dar modo di ricostruire l'abitato distrutto. Cinque anni più tardi, la situazione non sembra tornata alla normalità, infatti si richiedono altri sette anni di sospensione dei tributi. Le disavventure continuano, verso la fine del secolo e l'inizio del successivo, l'area dell'ascensione è covo di briganti, occupano nel 1604 la vicina Polesio e da li, compiono scorribande nei centri limitrofi. Vengono infine sconfitti dal governo pontificio, ma sono soprattutto le frane ed il dissesto idrogeologico che inesorabilmente, cancellano tutto quello che viene pazientemente edificato. Verso la fine del XVII secolo, crolla parte della rocca e vengono danneggiate diverse case, ricostruite poi in luogo più sicuro. Numerosi sconvolgimenti politici invece, seguono la creazione della Repubblica Romana nel 1798, quando dopo la cacciata del pontefice, si riorganizzano le antiche amministrazioni. Il paese viene sottoposto al "Cantone Rurale" di Ascoli Piceno, compreso nel più ampio Dipartimento del Tronto. Con le riforme napoleoniche del 1808, il paese invece diventa una frazione del comune di Venagrande, con sede nel centro di Montadamo. Nella seguente restaurazione del potere papale del 1816, si creano le "Delegazioni Apostoliche", il paese stavolta è compreso con Ripaberarda e Capradosso come comunità "Appodiata" a Castignano. Infine con le riforme del 1833, lo vediamo nuovamente compreso nel governo di Ascoli. Ad Italia unita, nel 1862, un Regio Decreto cambia il nome del comune in:"Porchiano dell'Ascensione", allo scopo di distinguerlo da altri centri omonimi. Ha però vita breve ed infatti nel 1867 il municipio viene soppresso ed integrato, nel comune di Ascoli Piceno. Intanto continuano i disagi causati dalle frane, nel 1908 si cerca di porvi rimedio con delle opere di consolidamento finanziate dal Regno. Non sortiscono gli effetti sperati ed infatti nel 1914, un'altra grande frana, danneggia il centro abitato ed anche la chiesa, fortunatamente senza vittime. Grazie agli eventi geologici, il paese attualmente è quasi del tutto disabitato, complice anche la precarietà del collegamento stradale, talvolta pericoloso.
Per questo raggiungere il borgo è un'esperienza piuttosto coinvolgente, la strada nell'ultimo tratto è veramente ritagliata sulla cresta dei calanchi, fornendo un punto di vista imperdibile. Il paese si è nel tempo separato in tre nuclei, il primo che si incontra è composto da alcune case, strette sotto alla chiesa di San Michele ed altre, quasi disperse nella campagna. Quest'ultime sono raggiungibili da una strada brecciata, che scende ripidamente verso i campi ancora coltivati. Davanti al sagrato della chiesa, si nota un tratto spianato ricavato sulla la rupe, sono i resti dei basamenti degli edifici crollati. Da notare affianco al luogo sacro, lo scenario della piccola piazzetta, con la panchina addossata alla casa canonica ed il pergolato. Si prosegue lungo la strada che corre all'ombra della rocca, oggi irraggiungibile, dove sono ancora visibili alcuni resti di mura. Quasi subito ci si trova davanti a tre incroci, il primo sulla sinistra, sale verso la parte sopravvissuta del centro storico, oggi ridotta a rudere, con solo una casa abitabile. Qui si trovava una gran parte del paese, le case ormai sventrate, lasciano intravvedere gli interni e le tecniche edilizie, con le quali venivano realizzate. Le poche vie sopravvissute, convergono infine verso il basso, fino a ricongiungersi con la via principale, permettendo di tornare all'incrocio precedente. Scegliendo la strada in discesa, si visita la parte del paese più recente, con pochi edifici storici ma ancora abitati. Proseguendo dritti invece, si esce dall'abitato passando affianco ad una croce, proseguendo si incontra un'elegante ma malmessa fontana ed infine, qualche casolare e piccoli appezzamenti coltivati. Più avanti il percorso diventa brecciato, è abbastanza percorribile fino al cimitero, poi la strada si inoltra per altri calanchi, fino a raggiungere in forma di sentiero la strada per Capradosso. Tra il silenzio e la pace del paese e la bellezza surreale dei calanchi, Porchiano offre uno degli spettacoli più suggestivi del Piceno.

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