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Frazione ascolana nascosta tra le impervie alture, che segnano la sponda meridionale del fiume Tronto.
Risulta piuttosto sperduta e poco battuta dagli itinerari turistici, nonostante la poca distanza dalla strada statale salaria, poiché è disposta in una scomoda posizione sopra un ripido crinale, attraversato solo da una stretta stradina asfaltata. Tradizione vuole, che qui una importante famiglia ascolana avesse qui costruito il suo castello; la posizione poco confortevole rivela quindi la sua origine medievale. Compare nel 1039 negli archivi dell'abbazia di Farfa, quando i terrieri di origine germanica: Trasmondo di Ilperino e la moglie Biliarda di Ardoguino, donano ai monaci grandi appezzamenti di terreno. Lisciano è citato tra i confini dell'ampio territorio, che si estendeva fino al torrente Noscia di Roccafluvione ed il fosso di Luco, passando per il castello di Rufignano e per Popignano. Nel 1137, l'imperatore Lotario III concede al vescovo di Ascoli il castello di Collalto con il suo eremo, che trasformato dal tempo in Colloto, continua a rivivere nei toponimi circostanti; probabilmente già in quel periodo, Lisciano vi era stato già compreso. Verso la metà del XII secolo la zona viene invasa dai Normanni, che sconfinando dal regno di Napoli, si erano conquistati alcuni presidi nei pressi della Strada Salaria, poco prima delle porte di Ascoli. Compare nel "Catalogus Baronum", una lista di feudi redatto dal popolo di origine nordica, insieme a Mozzano, Acquaviva, Luco e Montecalvo. Al tempo in quell'angolo di montagna si andava sviluppando la signoria dei Da Montecalvo, in seguito conosciuti come Guiderocchi, che tra il XII ed il XIII secolo andava espandendo i suoi domini. Una volta cacciati gli svevi dal regno di Napoli, nel 1266 gli angioini ne approfittano per sconfinare anche loro fino al Tronto, occupando il castello di Collalto, nel 1289 il Papa ascolano Niccolò IV riesce a recuperare questi territori, riconducendoli negli Stati Pontifici. Una nota di colore: secondo alcune tradizioni il pontefice sarebbe nato qui nel 1227, il fatto è smentito da vari documenti che lo attestano invece, nativo di Lisciano di Ascoli. Nel 1350, il castello insieme a molti signori e centri della montagna ascolana, prende parte alla rivolta contro Galeotto Malatesta. Dopo che i montanari erano stati il nerbo delle forze malatestiane ascolane, costituite per combattere i fermani guidati da Gentile da Mogliano, spianano la strada per instaurare la dittatura del Malatesta. Aumenta quindi il malcontento ed in seguito, iniziano una serie di congiure volte a riacquistare la libertà, tra queste la cosiddetta "Ribellione della montagna" è tra le maggiori. Coinvolge diversi centri dell'area montana ascolana e dopo un primo successo, la rivolta viene sedata dal Malatesta, che occupa militarmente la zona per quindici giorni, rastrellando, saccheggiando e dando alle fiamme i feudi coinvolti. Nel XV secolo, dopo la decadenza del castello di Collalto, il territorio entra a far parte delle Ville Cittadinate, comprese nel comitato dei castelli ascolani. Queste amministrazioni erano limitrofe al capoluogo piceno ed erano da lui direttamente gestite, considerate quindi parte della città e quindi legate indissolubilmente alle sue vicende. Nel 1602 si stipula la pace tra le popolazioni di Lisciano e quelle di Talvacchia, Colloto e della Valle Castellana, per contrasti scoppiati probabilmente per motivi di confine. Nel 1798 si vede la breve vita della Repubblica Romana, che rivoluziona gli ordinamenti degli Stati Pontifici, abolendo le precedenti amministrazioni e sostituendole con i nuovi Dipartimenti. Nel neonato Dipartimento del Tronto, Lisciano si ritrova compreso nel "Cantone" di Acquasanta, sottoposto a Rocca Monte Calvo insieme a Colloto, San Gregorio, Talvacchia e Collegrato, quest'ultimo oggi in provincia di Teramo. Non è noto se partecipa all'insurrezione contro l'annessione all'Impero Napoleonico nel 1808 ed alla seguente repressione. Con la restaurazione nel 1816 entra a far parte della Delegazione Apostolica di Ascoli, sottoposta al governo della città e compresa nel comune di Mozzano. Dopo i moti del 1848 viene ripristinata la Repubblica Romana e nel 1849 riesplode nuovamente la rivolta filopontificia, la popolazione del paese arma 24 persone per resistere alle truppe del Generale Rosselli, unendosi alle schiere di Giovanni Piccioni, fino al ritorno del pontefice. Con l'avvio del processo unitario e l'arrivo nel piceno degli eserciti piemontesi nel 1860, la zona ripiomba in mano alla guerriglia pontificia. San Gregorio di Acquasanta diviene la sede di Piccioni, capo dell'insorgenza antiunitaria, che stabilisce lì il suo quartier generale. La strada per raggiungere questo centro da Ascoli, ha inizio proprio sotto Lisciano e quindi l'area pullula di milizie e briganti; durante gli scontri del 1861 la zona era anche pattugliata dalla Guardia Nazionale di Sant'Elpidio a Mare, accorsa in aiuto di quella acquasantana, incapace di gestire da sola l'elevato numero di ribelli. Repressa ogni altra insorgenza, si procede al riassetto del territorio e nel 1866, il comune di Mozzano con le sue frazioni comprendenti Lisciano, entrano a far parte di Ascoli Piceno. Il successivo spopolamento del XX secolo, ne segnerà il destino, attualmente il centro storico si presenta piuttosto degradato, complice dell'abbandono sono anche i frequenti terremoti, la porzione a ridosso della strada invece, si mantiene ancora in vita.
Si raggiunge dal vecchio percorso della Salaria che si snoda tra Mozzano ed il bivio di Giustimana, si gira all'incrocio verso il ponticello che attraversa il Tronto. La strada conduce anche ai centri di Colonna, Pianaccerro, Cervara, Colloto e San Gregorio. Dopo poche curve, si sale fino al paese che è in parte attraversato dalla strada, data l'esiguità degli spazi è anche difficile trovare un punto di sosta. La parte bassa è in generale più recente, fanno eccezione la chiesa di San Pietro ed i resti di una casa torre, inglobati in una nuova abitazione. A lato inizia la piccola stradina che si arrampica fino alla parte più antica, più avanti si distacca una rampa a gradoni che raggiunge il grande complesso edilizio, dove salta all'occhio una balconata con loggiato, restaurata di recente. Il resto della grande struttura si presenta invece abbandonato, come una grande porzione del paese, infatti già durante la salita si notano i primi ruderi. Alla fine si giunge davanti all'ingresso del palazzo, utilizzato oggi anche come una specie di porta civica; non si ben comprende, se ciò che si trova oltre sia stata una proprietà privata o una pubblica strada. Entrando si incontra un ambiente coperto con un ingresso di lato ed una arcata, aperta su di un piccolo cortile interno, dove alcuni scalini scendono fino ad una balconata, aperta sulla valle del fosso di Colonna o Rio Lungo. Dall'arcata si continua, oltrepassando un altro passaggio coperto, si giunge lungo la strada principale che attraversa l'abitato, rimangono diverse abitazioni ma si notano alcuni spazi vuoti, lasciati dagli edifici demoliti, sulla destra si allarga un notevole panorama. La via inizia a scendere fino ad una piazzetta circondata da abitazioni suggestive ma non in ottimo stato, sebbene alcune siano in via di sistemazione; tra queste si nota l'altro blocco abitativo del paese, con una piccola via che lo penetra all'interno. Dalla parte opposta una minuta casina aggrappata alla roccia, lascia trasparire origini più antiche di quelle che dimostra, ai suoi lati due viottoli scendono alle ultime propaggini dell'abitato scomparso, con i ruderi che spuntano dalla vegetazione. Dall'ultima piazzetta si imbocca l'ampia strada che scende fino al punto di partenza, dando una bella visuale del fronte occidentale dell'incasato e della valle del Tronto tra Ascoli ed Acquasanta.

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