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Sperduto tra le aspre ed affascinanti colline a nord di Venarotta, che risalgono fino alle pendici del Monte dell'Ascensione.
Chiamato così per via del santo titolare della parrocchia, venerato nella chiesa fortezza al centro dell'antico castello, costruita probabilmente dai monaci farfensi che possedevano vasti territori nella zona. Probabilmente si sviluppa intorno all'edificio sacro ma non se ne trovano documenti scritti fino al 1236, quando il castello viene obbligato a riconoscere l'autorità del vescovo di Ascoli, altra notizia si ha nel 1296 quando rinnova i suoi patti con la città.
Viene elencato sempre come castello ascolano, nell'opera del Cardinale Albornoz sul riassetto dei territori pontifici nella Marca, scritta a partire dal 1362, dai catasti del 1381 si nota che è a capo di un proprio sindacato; vi si legge anche che nel 1507 erano state costruite le mura. Tra XV e XVI secolo l'intera area sarà infestata dai briganti, nel 1580 la visita pastorale riporta che le campane della chiesa, utilizzate anche per richiamare la popolazione alla vista degli assalti dei malviventi, vengono ritrovate rotte anche a Monsampietro.
La proclamazione della breve Repubblica Romana nel 1798, instaurata dopo l'arrivo dell'esercito francese nelle Marche, porta ad un riassetto del territorio, il paese perde l'autonomia e con Castel di Croce e Montemoro vengono sottoposte al comune di Polesio. Questo era compreso nel Cantone di Ascoli Rurale, parte del Dipartimento del Tronto, ma dopo un solo anno la Repubblica cade e si ritorna all'antico sistema pontificio, l'assetto repubblicano sarà ripristinato con l'arrivo di Napoleone nel 1805 fino alla sua caduta nel 1815. Con la restaurazione viene creata la Delegazione Apostolica di Ascoli ed il paese, diventa una comunità autonoma sottoposta a Venarotta per poi passare con le riforme del 1833, nel comune di Venagrande, fino all'unità d'Italia. Nel 1861, svanisce l'autonomia del piccolo comune che viene aggregato a Venarotta insieme con i municipi limitrofi di Portella e di Cerreto. Durante la Seconda Guerra Mondiale più precisamente nel 1944 vengono catturati nei pressi di Collina di Monsampietro due partigiani e giustiziati mentre un terzo ferito sarà catturato ed ucciso mentre il parroco di Castel di Croce cercava di prestargli le dovute cure. Nel dopoguerra il paese viene col tempo in parte abbandonato, oggi comunque è ancora abitato stabilmente, mentre si ripopola soprattutto durante le vacanze estive, purtroppo l'antica area del castello da tempo disabitata, è ormai ridotta ad un ammasso di ruderi. Il centro è caratterizzato da due sezioni distinte, la già citata area castellana nella parte più alta ed il borgo, che si distende ai suoi piedi, seguendo la strada che attraversa un tratto pianeggiante dell'aspra linea di crinale. Solitamente lo si visita partendo dall'estremità del borgo, nei pressi della chiesetta della Cona, dove la strada che entra nell'incasato, incrocia davanti alla chiesetta, un'altro percorso che viene dalla campagna, lungo il quale sono visibili alcuni edifici rupestri.
Ci si trova al cospetto di una grande casa torre cinquecentesca con al fianco la piccola chiesetta, davanti si nota un'abitazione con due soli portali con le architravi che mostrano scritte scolpite. Si prosegue scendendo dentro il passaggio coperto di Palazzo Tondi, bella opera di edilizia locale, finita la discesa si vede la chiesa di San Giacomo, posta al centro del borgo, al fianco scende una strada fino alla nuova parrocchiale. Continuando a percorrere la via principale, tra le case antiche e recenti, si inizia a salire fino a raggiungere il vecchio castello, la strada intanto si trasforma in balcone panoramico sulla vallata del Chiaro.
Una scalinata sale fino ai ruderi della vecchia chiesa, ai suoi lati si congiungono le poche vie aperte dentro la cinta muraria, meglio non addentrarsi nell'area, piuttosto pericolate soprattutto dopo gli ultimi terremoti, continuando a scendere c'è un'altra abitazione a ridosso del paese con un interessante portale.
Da qui in poi la discesa si fa più ripida e percorrendola si ritorna sulla strada asfaltata principale, risalendo poi fino alla piazzetta davanti alla nuova parrocchiale, oppure si può ripercorrere il percorso a ritroso, soffermandosi su le varie lapidi ed iscrizioni murate nelle case.

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