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L'alta mole di Civitella, coronata dalla famosa fortezza, controlla, oggi come un tempo, la porta orientale al Regno di Napoli, talmente resistente e audace da essere l'ultimo possedimento borbonico ad arrendersi durante le guerre unitarie. Dall'alto del ripido sperone di roccia, affacciato sulla valle del Salinello, riusciva a controllare il lungo tratto di confine oltre il fiume Tronto, rendendola un'ambita posizione strategica da conquistare, difatti la sua storia sarà scandita dalle vicende legate alla fortezza e dai numerosi assedi che subirà. Secondo alcuni studiosi il colle era già insediato dai piceni, che vi avevano fondato la città di Beregra, oppure dai reduci della distrutta città di Truentum, sebbene studi moderni hanno ricondotto la comparsa di Civitella nell'alto medioevo: i primi scritti che ne parlano difatti risalgono al X-XI secolo. Citata la prima volta nel 1001 nelle carte notarili di Penne, quando nella corte di "Tibitella" alcuni beni vengono donati da Raterio all'abbazia di Montecassino. A partire dal 1051 viene riconosciuto dall'imperatore germanico Enrico III feudo del vescovo di Ascoli, ma con l'arrivo dei normanni nel 1178 risulta proprietà di Roberto di Aprutio, grande feudatario dei dominatori nordici. Il paese viene anche menzionato negli atti dei miracoli di San Berardo, Vescovo di Teramo nel XII secolo. Anche gli Svevi nel 1150 riconfermano il feudo al porporato ascolano, ma un secolo più tardi la popolazione di Civitella decise di liberarsi dall'autorità ascolana e nel 1255 venne assediata dai vecchi padroni, liberata solo grazie all'intervento di Papa Alessandro IV, che scambiò la libertà con la cessione al vescovo di Ascoli dell'abbazia di Montesanto e di altri privilegi. Successivamente il possesso passa ai francesi angioini che, aiutati dal papa, avevano cacciato i germanici Svevi dal regno di Napoli; nel 1269 si prodigheranno per rafforzare le difese del borgo e ne amplieranno la fortezza. Ma nel 1388 i civitellesi decidono di ritornare sotto Ascoli, che offriva più sicurezze rispetto al Regno di Napoli, in quel momento era scosso da guerre per la successione al trono. Così la città subì le signorie che mano a mano prendevano il potere nella città picena: dei Carraresi nel 1413 e quella dello Sforza nel 1435, che terminerà nel 1442, quando Alfonso V d'Aragona, sconfitto lo Sforza, recupererà la fortezza, potenziandola; poco dopo è segnalata la presenza a Civitella di San Giacomo della Marca, che compie un miracolo nel 1472. Vessati dai continui abusi del castellano, scoppia qui una rivolta sul finire del XV secolo, che culmina con la demolizione della fortezza da parte della popolazione. Altri venti di guerra caratterizzano anche il XVI secolo, con la discesa dei francesi in Italia per prendere il trono di Napoli; spesso facevano tappa qui per conquistarne la strategica piazzaforte: si inizia con il saccheggio del Marchese di Lautrech nel 1528, fino al grande assedio del Duca di Guisa nel 1557. Nonostante le forze il duca non riesce a violare la fortezza ed è costretto a ritirarsi e come premio per la resistenza opposta all'invasore, Filippo II ricompensa la cittadina ed il feudo con l'esenzione dai tributi, fu poi elevata al rango di Città del Regno con il titolo di "Fedelissima di Filippo II di Spagna". Il XVII secolo sarà caratterizzato da una certa tranquillità per Civitella, il XVIII secolo invece inizia con la guerra di successione spagnola, che vede nel 1707 l'arrivo nella fortezza degli austriaci e la perdita di tutti i privilegi acquisiti sotto gli spagnoli; torna la pace nel 1734, quando diventa Re Carlo di Borbone. L'arrivo dei moti napoleonici investirà in pieno la cittadina, i francesi assedieranno la fortezza ben due volte, la prima nel 1798, quando si arrenderà senza opporre resistenza, mentre durante la seconda, del 1806, vedrà la strenua resistenza del Maggiore Matteo Wade alle truppe napoleoniche, contrastandole con onore per ben quattro mesi, aiutato da tutta la popolazione civitellese; con la caduta del Bonaparte e la relativa restaurazione torna la tranquillità. Memorabile sarà la sua resistenza ai Piemontesi durante il processo di unificazione nazionale, rimanendo l'ultimo baluardo a resistere del Regno delle Due Sicilie, cadendo solo tre giorni dopo la dichiarazione del Regno d'Italia. Nell'autunno del 1860 le truppe piemontesi, dopo aver affrontato e sconfitto l'esercito congiunto dei borbonici e dei pontifici, si apprestava alla fine di ottobre a cingere d'assedio la fortezza di Civitella, la porta orientale del Regno delle Due Sicilie. L'assedio, condotto tra l'altro da un generale di scuola napoletana, perdurò fino al 20 di marzo, quando anche le ultime sacche di resistenza asserragliate nella fortezza si arresero, ponendo di fatto fine all'esistenza dell'antico Regno di Napoli. Qualche sacca di resistenza borbonica si diede al brigantaggio nelle montagne e, insieme a quelli che in generale più avevano perso dall'unione italiana o mossi semplicemente dalla povertà, si rifugiarono nelle macchie dandosi alla guerriglia ed alla rapina; intanto la fortezza, già malmessa per il lungo assedio, era divenuta cava di materiali per i civitellesi. Un'altra triste pagina della storia civitellese viene scritta durante la seconda guerra mondiale, nel 1944, quando saranno attivi ben tre campi di concentramento, il più importante fu ricavato all'interno di Santa Maria dei Lumi; a guerra finita la città della fortezza troverà finalmente l'agognata pace.
Impossibile oggi non fare visita al paese: quando già comincia a profilarsi da una certa distanza, appare maestosamente aggrappato al versante meridionale del colle della fortezza; arrivati al cospetto delle mura si oltrepassa porta Napoli per entrare nella cittadina. Si è accolti dalla panoramica piazza Filippi Pepe, dove oltre alla vista della stupenda balconata, fanno bella mostra la facciata della chiesa di San Lorenzo e di Palazzo Zunica, non dimenticandosi di godere del panorama dal loggiato; si imbocca poi il corso che corre lungo tutta Civitella e collega gli edifici civici più importanti: il palazzo comunale e la chiesa di San Francesco, il palazzo del Capitano del Popolo. Sempre lungo il corso non mancano le dimore patrizie come quelle dei Cornacchia, dei Procaccini, dei Ferretti e degli Scesi; singolari sono una casa dipinta risalente al periodo aragonese e la particolare struttura allungata di palazzo Ronchi. Nella parte bassa dell'incasato, oltre a diverse abitazioni di pregio, spicca l'opera Pia Alessandrini, ricavata nell'ex convento dei cappuccini, costruito lungo la via che portava alla porta a sud dell'abitato; le strade sopra il corso mano a mano tendono a salire fino all'ingresso della fortezza. Interessante è la "ruetta", una delle vie più strette d'Italia. Arrivati al cospetto della grandiosa opera difensiva non rimane altro che oltrepassare le sue porte per completare la visita a Civitella, realmente ricca di storia e di cultura.

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