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L'attuale capoluogo del comune di Valle Castellana ricopre oggi un piccolo lembo quasi pianeggiante che un tempo si chiamava Piano Annunziata, dal nome della chiesa medievale che sorge ancora ai suoi margini. Sul pianoro furono ritrovati frammenti di ceramica romana di età imperiale che fecero presumere che questa comoda posizione fosse già sfruttata in epoca antica, il nome Stornazzano deriverebbe da quello di un ipotetico propietario del fondo. Sorge su un punto strategico della viabilità montana, nell'incrocio tra il Castellano ed il Rio Lame che mettevano in comunicazione l'ascolano con il teramano e, attraverso i passi sui Monti della Laga, con la vicina Amatrice.
Nel 1070 Stornazzano viene citata per la prima volta, elencata con la chiesa di Santa Maria, in una donazione effettuata da un membro della famiglia dei Totoneschi, ricchi feudatari dell'area montana teramana, al monastero femminile di San Giovanni in Scorzone soggetto all'abbazia di Montecassino. Alle origini Valle Castellana riassumeva una serie di villaggi che si trovavano sparsi nel circondario della piana o nei monti attigui che nel 1281 Carlo d'Angiò aveva ordinato di radunare in un solo insediamento per meglio proteggersi dai briganti che già all'epoca popolavano questi boschi. Parte della comunità in quel tempo aveva istituito il Sindacato di Valle Castellana che comprendeva i centri di Ceresia, Sorbo, Stornazzano e, nell'ottobre 1285, tramite il sindaco Pietro di Gentile, aveva chiesto la cittadinanza al comune di Ascoli. Qualche anno dopo Santa Maria di Stornazzano giura nuovamente fedeltà a San Giovanni a Scorzone. Nel 1290 l'amministrazione di Valle Castellana passa dal Giustiziere d'Abruzzo a quello di Montagna e di Amatrice per volere di Carlo II d'Angiò e ciò riaccadrà anche nel 1305; altre notizie si hanno nel 1326 quando Saluzzo e Roberto di Rocca diventano signori di porzione del feudo. Dai catasti ascolani del 1381 invece si legge che parecchi abitanti si erano trasferiti nella vallata del Tronto in cerca di una vita più comoda. Quando nel 1408 lo Stato della Chiesa viene occupato da Ladislao d'Angiò, in questo periodo il feudo sarà ceduto agli ascolani che si erano sottomessi all'angioino che aveva messo a capo della città Matteo Acquaviva, presto cacciato da una ribellione e sostituito da Conte Da Carrara. Nel 1423 succedono a Conte i figli Obizzo e Ardizzone fino al termine della signoria nel 1426 col rientro di Ascoli sotto gli stati pontifici e di Valle Castellana nel Regno di Napoli nonostante le richieste degli ascolani di riaverla indietro. Si registra invece che nel 1431 il pontefice nomina i castellani dei confini dello stato e cita anche il presidio di Valle Castellana. Sotto Ferrante d'Aragona nel 1496, il possesso del feudo passa per volere del Re a Bartolomeo Tosti di Campli e successivamente tra il 1526 ed il 1548 passa sotto i Baroni Pasquali dell'Aquila. Nel 1542 arriva la bolla papale che cessa l'esistenza del monastero di San Giovanni Scorzone, demolito qualche anno prima dopo che le monache erano state trasferite a Teramo per ordine del Vescovo che nel frattempo ne incamera i beni, intanto esplode il brigantaggio e nel 1582 fioccano le prime condanne ad alcuni concittadini; probabilmente in quel periodo rientra nei beni degli Acquaviva d'Atri. Nel vicino territorio di Rocca Santa Maria intanto muoveva i suoi passi il re dei briganti Marco Sciarra che imperversò a lungo anche nel territorio di Valle Castellana, il paese sarà pattugliato dalle truppe dei duchi d'Atri e dagli Spagnoli nel tentativo di contenere le devastazioni da lui dirette.
Nel 1668 si era vista passare da lontano la feroce repressione antibrigantaggio dello Zunica ma un paio di anni dopo anche nel territorio si assisterà alla demolizione delle torri da parte dello spagnolo Marchese del Carpio. Bisogna anche ricordare che nel 1683 passa per il sindacato il noto malvivente Titta Colranieri in fuga dalle montagne teramane verso gli stati pontifici, incalzato dalle truppe del Preside d'Abruzzo, lasciandosi dietro una scia di devastazioni e soprusi. Il feudo di Valle Castellana rimarrà parte del dominio degli Acquaviva fino al 1760 con la morte dell'ultimo discendente che farà tornare i diritti in mano al Re divenendo quindi territorio regio fino all'Unità d'Italia, salvo alcune parentesi come l'arrivo nel regno delle truppe francesi guidate dal Bonaparte. Con le riforme napoleoniche del 1807 verrà sciolta l'università ed annessa al Governo di Civitella del Tronto fino al 1813 quando annettendo San Vito e Macchia da Sole, viene creato il nuovo comune di Valle Castellana nel Circondario di Civitella nel Distretto di Teramo ma solo fino alla Restaurazione del 1816. Dopo una nuova stipulazione dei confini con gli Stati Pontifici nel 1834, il comprensorio perde le frazioni di Vosci e Forcella, situate sul crinale dirimpettaio della chiesa di Santa Maria. L'arrivo dei piemontesi volti a unire l'Italia non fece breccia nei patriottici montanari che insieme ai vicini degli Stati Pontifici diedero vita ad un'ultima esplosione del brigantaggio stavolta per difendere gli antichi signori dai Savoia, il paese sarà quindi al centro delle operazioni e subì nel 1861 la repressione del Generale Pinelli. Pacificate le montagne a suon di cannonate, il comune perde lo status di capoluogo di Circondario e viene annesso a quello di Campli fino a confluire nella provincia di Teramo nel 1927. Nel 1901, Piano Annunziata sarà scelta come capoluogo del comune di Valle Castellana per via probabilmente della sua posizione centrale rispetto al territorio e ben collegata con le vie di comunicazione, soprattutto con l'ascolano, nel 1926 muterà il nome assumendo quello del municipio.
Durante la seconda guerra mondiale sarà uno dei teatri della resistenza partigiana, qui operava la banda italo-slava capitanata da Guido Vittori. Dopo la guerra l'intero municipio assiste allo spopolamento a favore delle città limitrofe e verso il capoluogo che inizia ad avere un piccolo boom edilizio. La nuova espansione andrà a colmare gli spazi tra l'antico centro, nei pressi dell'attuale municipio e la chiesa di Santa Maria di Stornazzano, qui sorgono anche gli impianti sportivi e lungo la strada i vari servizi che caratterizzano il capoluogo, l'abitato si è prolungato anche in salita fino a raggiungere la frazione di Colle. Del centro storico rimane qualche traccia nei pressi della grande piazza del comune, scendendo dalla strada provinciale si imbocca la via che si affianca a palazzo Danesi, qui si trova una manciata di edifici risalenti per lo più agli ultimi secoli nei quali traspare qualche traccia più antica.
Rimane fondamentale una tappa alla chiesa di Santa Maria circondata da un gradevole parco, per un bel panorama invece si ricorda la grande terrazza della piazza principale dinanzi al comune che si anima durante le sagre e le feste, piuttosto frequentate.

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