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Figura molto particolare, Giacinto Centini rappresenta il classico arrampicatore sociale che, pur di arrivare, si avvale di qualsiasi mezzo, lecito o illecito. Nipote e parente prediletto del cardinale ascolano di Polesio (AP), Felice (che contese il soglio pontificio a Matteo Barberini, passato alla storia con il nome di Urbano VIII), Giacinto non si rassegno' mai ad eventi più grandi di lui tant'è che nel corso degli anni si ingegnò e cercò in qualsiasi modo di architettare progetti e costruirsi situazioni che avrebbero procurato all'ignaro potente zio l'accesso al soglio pontificio e a lui, ovviamente, gli agi e il benessere che ne sarebbero potuti conseguire.Urbano VIII, terrorizzato da paure sulla sua fine precoce ed essendo persona di grande cultura, si circondò di astrologi e di negromanti, poiché convinto che il suo pontificato sarebbe cessato nel 1630 (sette anni dopo essere stato proclamato Papa). Arrivato ad oltrepassare la fatidica data, il pontefice promulgò una bolla che condannava chiunque si professasse conoscitore di astri e si dichiarasse veggente. Per il Centini, intanto, gli eventi non promettevano nulla di buono ed era necessario trovare una soluzione. La sua immediata intuizione quella di arruolare chi era avvezzo a pratiche di magia nera. Prese contatto con Fra' Bernardino che viveva nell'eremo di Corropoli (TE) che gli fece i nomi dell' agostiniano Domenico e del minorita Cherubino; questi pensarono di imbastire un cerimoniale oscuro per attentare alla vita del Papa. Il cerimoniale si tenne nella Villa di Giacinto a Spinetoli (AP): si pose al centro di un cerchio tracciato con un filo di lino tessuto da una vergine una piccola statua di cera del Pontefice che, mentre si scioglieva, venne trafitta da numerosi colpi di coltello da Fra Cherubino. I risultati furono ovviamente disastrosi e, a seguito di scuse più o meno plausibili, si decise di riprovarci in luoghi consoni e sopratutto con mezzi piu' efficaci. La seconda occasione non doveva essere un altro fallimento: il rituale, arricchito dal da vari olii santi, si tenne in una casa indicata da Fra' Bernardino, sulle colline di Corropoli. Di nuovo non successe nulla e il Centini, accecato dall'ira per l'ennesimo insuccesso, minacciò di morte i negromanti i quali, con molta fatica, riuscirono a calmarlo e a tentare la sorte per l' ultima volta. La nuova pratica consisteva nel rimediare sette preti, come il numero dei vizi capitali, per poi celebrare l'ennesima messa nera. Frà Domenico, però, spaventato dall'eccessivo esoterismo decise di fermarsi e denunciò il tutto al Sant' Uffizio. Il Centini, messo alle strette, si consultò pure con un collaboratore dello zio che gli consigliò di fuggire, ma egli decise di sfidare la sorte facendosi vedere in giro per Roma convinto che fosse intoccabile. La spavalderia, però, non gli procurò nulla di positivo e la bolla “Inscrutabilis Indiciorum Dei” del 1631, puniva con la scomunica, la confisca dei beni e la morte chi si macchiava di tali crimini.Al netto degli eventi, a Frà Domenico, l'agente dello zio e ad altri collaboratori coinvolti nell'operazione furono comminate pene severe ma ebbero salva la vita mentre per Frà Bernardino e Frà Cherubino la sorte fu l'impiccagione; i loro resti furono bruciati e le ceneri disperse nel Tevere. Per il Centini, rimasto comunque impenitente, seguirono in primis le torture e poi i processi che lo condannarono alla decapitazione. Lo “spettacolo” fu grande, ebbe a scrivere il Contarini, ed il pubblico accorso fu numerosissimo come riportarono le cronache.

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