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Appartenente ad un'eminente famiglia carassanese, Benedetto venne al mondo nel 1498 e divenne rettore della pieve di Sant'Eusebio. Godeva anche dei privilegi relativi all'altare di Santa Lucia all'ospedale del suo paese natale, ai luoghi di culto di San Pietro a Comunanza e di San Giovanni a Illice.
Benchè la Pieve, con gli anni, avesse perso di importanza, il titolo di piovano rappresentava, da un punto di vista gerarchico, la massima autorità ecclesiastica locale. Si adoperò, essendo rettore di Sant'Eusebio, per la miglioria dell'ospedale affinchè diventasse più accogliente possibile per i malati e pellegrini.
Che il Salini, nella diocesi, venisse tenuto in considerazione, è confermato dal fatto che egli fu nominato Vicario Generale: per l'autorità che gli derivò a seguito di tale nomina fu chiamato a sostituire l' Arcivescovo nelle visite pastorali.
In qualità di piovano diede prova di essere un esempio di pietà: egli non accumulò nulla e che si prodigò a favore degli ultimi e di chi aveva più bisogno.
La sua statura crebbe e fu tenuto in alta considerazione anche dal Papa, tanto che il 19 giugno 1560 Pio IV lo nominò vescovo di Veroli, cittadina del Lazio, diocesi antichissima.
Nel 1543 a Trento iniziò il Concilio ecumenico e il Salini partecipò all'ultima fase dell'assemblea, che si concluse nel 1563. Portò con se, in qualità di teologo, il nobile fermano don Nicolò Morici. Terminato il concilio, e tornato nella cittadina laziale, Mons. Salini celebrò il sinodo diocesano dove fece bellissimi regolamenti per il governo della sua chiesa .
In seguito alla tragica morte di suo nipote Giulio, Benedetto tornò a Carassai nel 1566 per interessarsi personalmente delle pronipoti.
Nell'Enciclopedia ecclesiastica il vescovo carassarese viene così descritto: “Fra i successori di Giovanni sono particolarmente degni di essere nominati (...) Benedetto Salini di Fermo”.
Si spense nel 1567.

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