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Al confine con la provincia di Fermo, Carassai offre un ricco spaccato di storia e di cultura, circondato dalla gradevole campagna marchigiana. L'eccezionale posizione tra le valli dell'Aso e del Menocchia, a metà strada tra il mare e la montagna e tra Ascoli e Fermo, ne fanno un punto strategico dal quale si può godere di numerosi privilegi. Sorge probabilmente agli inizi del medioevo insieme ad altri castelli limitrofi: Camporo, Montevarmine, Monte Berta e Monte Partino, che verso il X secolo dominavano i rispettivi piccoli feudi. La zona di Carassai era governata per lo più dall'antica famiglia dei Da Massa, signori di Camporo, che a quel tempo risultava il centro di maggior potere tra i piccoli castelli locali. Nel 1220 i castelli di Carassai e di Camporo si erano proclamati liberi comuni, ma nel 1252 il primo risulta già proprietà di Matteo Acquaviva, che ne cede una parte in dote alla figlia andata in sposa al signore di Montepassillo, nei pressi di Comunanza. Tornerà a far parte dei feudi dei Da Massa fino a quando Lino, nel 1321, cede il castello e tutti i diritti feudali al comune di Fermo. Ma le storiche simpatie dei Da Massa per l'imperatore e la causa ghibellina portarono ad una punizione da parte del sentimento guelfo rappresentato dal Papa: nel 1325 verrà distrutto insieme a Camporo dagli eserciti pontifici guidati da Tano de Baligiani. Il castello di Camporo non viene ricostruito e se ne perdono le tracce; al contrario Carassai ottiene i permessi per la riedificazione, sotto l'amministrazione di Fermo. Con il trasferimento del papato ad Avignone e la relativa perdita di potere sugli stati pontifici, durante il XIV secolo Carassai segue le sorti del città e delle signorie che riescono a conquistarne il governo. Subisce il dominio di Mercenario di Monteverde dal 1331 al 1340, seguita nel 1350 da quella di Gentile da Mogliano. Nel frattempo c'è la guerra contro Ascoli e Galeotto Malatesta, guida degli eserciti della città picena, nell'autunno del 1348 assalta e depreda il castello, mentre tornava da una campagna bellica nel fermano, lo fa ancora verso la fine del 1349. L'arrivo del Cardinale Albornoz e la cacciata della signorina dei Da Mogliano da Fermo farà ritornare Carassai un libero comune fino al 1364, quando viene assediato e rioccupato dal dinasta ribelle Petrocco Da Massa, intento a riprendersi i feudi paterni. Sedata la rivolta dell'antico feudatario, a partire dal 1372 il castello ottiene il permesso di ricostruire le mura ma già nel 1381 si riaddensano le nubi sopra il borgo con la comparsa del temibile Boffo Tibaldeschi, al secolo Boffo da Massa, avventuriero e capitano di ventura che aveva costruito una piccola signoria tra Castignano, Cossignano e Carassai. Costui, dopo una lunga serie di vicissitudini, viene ucciso nel 1387 proprio nel castello e viene sepolto nella scomparsa chiesa di Sant'Eusebio, mentre il borgo ritorna sotto lo stato Fermano. Nella metà del XVI secolo oltre alla pesante dittatura di Francesco Maria Sforza su buona parte della zona, è importante ricordare le liti tra Carassai e Petritoli per il controllo di alcuni territori nella vallata dell'Aso, che termineranno con l'annessione di una parte del territorio carassanese a quello del comune dirimpettaio. Questi territori sono ancora visibili nei confini del comune di Carassai, nei pressi di Sant'Angelo in Piano. Nel 1502, sempre sotto lo stato fermano, assiste all'escalation di violenza causata dalla signoria di Oliverotto da Fermo, terminata dopo solo un anno. Il castello viene di nuovo assediato nel 1520 da Ludovico Euffreducci, col suo luogotenente originario di Carassai: Alessandro Simeoni. Questi assediano ed occupano il paese, per poi lasciarlo per assaltare San Benedetto del Tronto. Si nota la presenza di un ghetto ebraico in paese, nel 1547 e nel 1551 la Camera Apostilica concede alcune licenze per tenere dei banchi di prestito. Nel XVII e nel XVIII secolo la situazione nel paese si fece via via più tranquilla, come del resto in tutta la marca, fino all'arrivo dei moti liberali nel 1797 e con l'avvento di Napoleone, che riorganizzò gli stati Italiani. Con la restaurazione passa sotto il governo di Montefiore ma nel 1817 viene distaccato da quest'ultima con l'annessione del territorio di Montevarmine, possesso della Confraternita della Carità di Fermo; nel 1827 per volontà di Papa Leone XII viene aggregato al Presidato di Montalto. Nel 1831 passa alla provincia di Ascoli, situazione che resta immutata anche dopo l'unità d'Italia.
Diviso in due nuclei principali, Castello Vecchio e Castello Nuovo, entrambi ancora recintati dalle antiche mura medievali, Carassai offre un completo spaccato di insediamento medievale tipico della zona. L'antico castello feudale dall'alto domina il borgo pianeggiante, dove risiedeva la nuova aristocrazia artigianale e commerciale che edificava i suoi palazzi sopra le proficue botteghe. Caratteristiche del vecchio castello, oltre alla posizione arroccata, si riscontrano nelle viuzze strette, nelle case addossate l'una all'altra e nella svettante torre, riadattata a campanile. Oltre ai basamenti delle mura di Castello Vecchio, rimangono anche tracce della porta che dà sul borgo e l'interessante porta della neviera, piuttosto ben tenuta, al contrario del resto dell'antico abitato. La situazione è diversa per il Castello Nuovo, con le sue volumetrie allungate percorribili su tre larghe vie che lo attraversano, collegate tra loro da ponti coperti e difese da una cinta muraria tra le meglio conservate, con ancora buona parte delle torrette perimetrali ancora esistenti. Nel punto dove i due incasati si incontravano oggi sorge la piazza con il palazzo comunale affiancato dall'oratorio di Santa Monica; scomparse sono invece le porte del borgo nuovo, la porta ovest, ancora in piedi nei catasti gregoriani del 1836, venne demolita e sostituita da un nuovo accesso aperto nelle mura nei pressi del poderoso torrione angolare a sud-ovest. Usciti dal borgo si incontra un gradevole parco di inizio secolo, poco distante dal santuario barocco di Santa Maria del Buon Gesù, che conclude la visita al paese, che è da annoverare tra i più interessanti della provincia.

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