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Come ogni città romana, Fermo possedeva un suo teatro, eretto per intrattenerne gli abitanti.
Era costruito sul lato settentrionale del Colle del Girfalco, punto più alto della città e quindi l'acropoli, dove probabilmente svettava un tempio sostituito nei secoli dall'attuale cattedrale. Viene costruito nel I secolo a.C., poco prima della riforma urbanistica della città da parte dell'imperatore Augusto, si stima potesse contenere circa duemila persone, era contemporaneo alle grandi cisterne. L'edificio occupava una vasta area che oggi comprende la chiesa del Carmine con l'ex Seminario, il palazzo del Monte di Pietà ed il collegio Artigianelli, l'ex palazzo Matteucci, ora sede della Cassa di Risparmio.
Dai vari reperti rinvenuti nel corso dei secoli, si suppone che abbia subito restauri o ristrutturazioni nel corso del II e III secolo d.C., fino a cadere abbandonato dopo la caduta dell'impero. Viene infine inglobato nella città medievale, alcune immagini del XVI - XVII secolo mostrano il teatro ancora piuttosto ben conservato.
I primi reperti sono documentati a partire dal 1739, durante i lavori per l'ampliamento dell'Ospedale della Carità, voluti dall'Arcivescovo Alessandro Borgia. L'alto prelato avrebbe voluto che i ritrovamenti rimanessero a Fermo, ma vennero invece venduti ai Marefoschi di Macerata, due colonne furono cedute al famoso architetto Luigi Vanvitelli e riutilizzate nella chiesa maceratese della Misericordia. Nel 1780, durante i lavori per l'ampliamento dell'Ospedale della Carità, avverranno la maggior parte delle demolizioni dei resti sopravvissuti ai secoli. Tra i rinvenimenti si cita una struttura dell'epoca dell'imperatore Antonino Pio, inoltre statue, iscrizioni e diversi frammenti marmorei. Sarà purtroppo distrutta gran parte dell'area dove si trovava la "Scena", mentre altre porzioni saranno incorporate nei nuovi edifici. Nel 1853 si procederà ai restauri della Madonna del Carmine, durante gli scavi si rinverrà un tratto di mura romane e diversi resti del teatro, insieme ad altri reperti come monete e lucerne. Due colonne e due capitelli provenienti dal teatro e datate III secolo d.C., saranno sistemati nel 1884 all'interno del cortile di palazzo Vitali-Rosati dove ancora si trovano. Durante la totale ristrutturazione di palazzo Matteucci, avvenuta nel 1934, saranno rinvenuti i resti di un muro dove si aprivano alcune nicchie, probabilmente si trovava sul retro della scena del teatro, ancora oggi conservato nei sotterranei del palazzo. Nel 1949 parte del perimetro occidentale, con i resti di un ambiente voltato, verrà annesso alla casa Vitali Rosati.
Attualmente gran parte del teatro è andato perduto, una parte dei resti sono nascosti all'interno di edifici e quindi non visitabili. Le maggiori evidenze si possono scovare percorrendo via del Teatro Antico, che parte dal sagrato della cattedrale. Procedendo su questa via, sulla sinistra si notano i resti del muro semicircolare, parte del corridoio che correva sotto la cavea, largo circa tre metri e mezzo. Dall'altro lato vi è un muretto, costruito sul basamento dell'altra parete del corridoio. Se vi si affaccia, si può osservare il cortile del Collegio degli Artigianelli, l'ultima delle opere che hanno succeduto il Monte di Pietà e l'Ospedale della Carità. Lo spazio aperto si adatta ancora alla conformazione semicircolare del teatro, su di un piccolo edificio visibile verso il lato orientale, sono stati incorporati i resti murari di un altro corridoio simile a quello di via del Teatro Antico. Altri resti si trovano nel collegio, consistono in una porzione di corridoio con copertura di volte a botte; le rimanenze sotto Via Ernesto Ricci sono state interrate.

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