Non si può introdurre la storia del paese, senza prima ricordare l'Abbazia Imperiale di Farfa.
Fondata nel VI secolo, prima protetta dai Longobardi e successivamente dai Franchi di Carlo Magno; ad oggi fa parte del comune reatino di Fara in Sabina. il territorio dove sorgerà Santa Vittoria è citato già nel 768, nella donazione della ricca possidente Abenetrada, che rimasta vedova, cede ai monaci farfensi il monastero di Sant'Ippolito, situato nei pressi del Monte Matenano ed edificato dalla sua famiglia. Il nome del monte, si suppone venga da tale Matinio, antico proprietario del fondo, altre ipotesi citano un'abbreviazione di "Mons Nanus" (monte nano); oppure proveniente da "Matin", dal franco mastino, perché assomiglia ad un cane sdraiato, se si guarda il paese dalla vicina Monteleone. La storia dell'insediamento invece inizia quando, messi in fuga dalle continue incursioni saracene, i monaci di Farfa nel 898 fuggono dalla loro casa madre dividendosi in tre gruppi. Il maggiore, guidato dall'Abate Pietro con gran parte del tesoro, si diresse nella Marca Fermana, svalicando gli appennini. Dopo un lungo viaggio raggiunsero i monasteri di Sant'Ippolito e San Giovanni in Selva, nei pressi del Matenano, vi si insediarono fino al 900, quando giunse la notizia che i saraceni cominciavano ad avvicinarsi anche lì. Il nuovo rifugio, non più sicuro, costringe l'abate Pietro a ritirarsi sul monte, luogo facilmente difendibile grazie alle sue vertiginose rupi e qui costruì un nuovo castello. Inizialmente, il fortilizio si componeva di due uniche strutture: una torre ed un oratorio dedicato a Santa Maria. L'abate Pietro morì nel 919 e fu seppellito nell'oratorio, mentre i primi abitanti si stabilivano nei pressi del castello. Gli successe l'abate Ratfredo, che nel 930 torna in Sabina a ricostruire l'abbazia Madre di Santa Maria di Farfa, aiutato da uomini liberi e servi provenienti dal territorio fermano. I lavori finiscono quattro anni dopo ed i lavoratori, ritornarono ai loro luoghi di origine ricompensati con le reliquie di Santa Vittoria, venerate e custodite a Monteleone Sabino. Al piccolo oratorio nel castello del Matenano, venne aggiunta una chiesa più grande, adatta ad ospitare il culto della Santa ed un monastero, che per brevi periodi poteva anche accogliere l'abate con la sua corte. Così inizia a crescere l'influenza del nuovo insediamento, presto diventerà il più importante centro farfense nella Marca medievale. Nel 936 Ratfredo morì, forse avvelenato dal monaco Campone dei Camponeschi di Rieti, aiutato da Ildebrando, preposito del monastero romano di Santo Stefano, spinto dall'idea di poter divenire nuovo abate ed impossessarsi delle immense ricchezze abbaziali. Ottenuto lo scopo e sottomessi i territori dell'abbazia che gli si opponevano, dopo poco tempo i due iniziarono a scontrarsi, Campone ebbe la meglio e scacciò Ildebrando da Santa Vittoria. Successivamente, riesce a reinsediarsi nel castello e durante un banchetto da lui organizzato, scoppia un forte incendio che distrugge buona parte del monastero. La dilapidazione del patrimonio farfense, farà ricordare i due come i "Mali abbates". Nel 974 fu eletto l'abate Giovanni III mentre l'imperatore Ottone II decise di far eleggere Adamo, priore di Monte Santo di Civitella del Tronto; alla sua morte i due si divideranno tra Farfa ed il Matenano, dove rimarrà Adamo, diventato poi anche vescovo di Ascoli.
Nel 1038 con l'abate Suppone, saranno effettuate cospicue donazioni ai monaci, vasti territori dal mare ai monti ed inevitabilmente cominceranno gli scontri con i vescovi conti di Ascoli e Fermo, che temevano la crescente influenza dei monaci. Ormai Santa Vittoria era diventata una piccola potenza con numerosi feudi, a tal punto da gettare ombra sull'abbazia madre. Possedeva diversi feudatari, un discreto esercito ed era protetta da Montelparo, Force e Montefalcone. Cominciarono a manifestarsi anche sentimenti di indipendenza dall'Abbazia Madre nella Sabina , placati in parte dall'Abate Adenulfo nel 1125, contro altri abati che continueranno a confermare i privilegi di Santa Vittoria. Nel 1174 l'abate Adenulfo II si trasferirà a Santa Vittoria per riscuotere fondi da destinare al restauro dell'abbazia di Farfa, in quell'anno l'Imperatore Svevo Federico Barbarossa scendeva per la settima volta in Italia, interessandosi anche alla Marca e riassoggettando i farfensi al potere imperiale. Sul finire del XII secolo viene composto nel monastero il "Ritmo di Sant'Alessio" una delle prime opere letterarie italiane, realizzato in versi per essere recitato dai giullari.
Nel 1200 le truppe di Santa Vittoria parteciparono alla difesa di Offida, insidiata dal comitato ascolano spalleggiato dall'Impero, i monaci cercarono di raggiungere un compromesso con la città picena. Intanto, nel 1212 nasce il libero comune a Santa Vittoria e qui nel 1215, come vuole la tradizione, venne ospitato San Francesco che ricevette in dono dall'abate il monastero di Luogo di Sasso a Monte Falcone, affinché potesse fondare un sua convento. Il giovane comune si rafforzò, ospitando i feudatari che vivevano nelle rocche sparse per il territorio: il signore di Poggio nel 1223, seguito da quello di Monte Radaldo nel 1229, dopo la distruzione del suo castello per mano dei ghibellini sette anni prima. In quell'anno si legge del primo podestà accreditato, ancora di origine monastica come con l'abate Oderisio, nel 1236 fece costruire la cinta muraria con tre porte ed il palazzo comunale.
Successivamente, Federico II di Svevia sottomise e punì economicamente Santa Vittoria, in quanto terrà fede al partito guelfo, tornando libera solo nel 1248. Due anni dopo, ricompensata dal pontefice per la fedeltà: potrà accogliere immigrati da ogni dove, accrescendo ulteriormente la sua popolazione, nel 1257 guadagnò l'esenzione dalle tasse. Un ulteriore passo verso il potere fu nel 1262, quando l'abbazia diventerà "Nullius Diocesis"e non sarà più soggetta ai vescovi ma sarà dipendente solo dal Papa. Dagli annali risulta che nel 1272, forse a seguito di una disputa per la chiesa di San Gualtiero, degli armati del matenano si recarono alla pieve di San Marco, nei pressi del castello di Servigliano, saccheggiandola e dispensando violenze ai passanti ed al pievano, atto che verrà pesantemente sanzionato. Nel 1275 anche Santa Vittoria venne sottoposta ad un podestà scelto dal governatore pontificio, nonostante i monaci rivendicassero la loro indipendenza, a porre fine alle diatribe, fu il Papa ascolano Niccolò IV, già amico dei monaci di Santa Vittoria. Nel 1290, il successore Urbano IV, concede il diritto di scegliere autonomamente il proprio podestà. Sul finire del secolo è segnalata la presenza in paese di alcuni banditi, ciò causerà le ire del Rettore che multerà i cittadini che gli avevano offerto ospitalità.
Il XIV secolo inizia con la fuga del Papa ad Avignone, questo scatena un periodo di grande instabilità degli stati pontifici compreso il dominio farfense. Mentre i ghibellini riescono a sottrarre diversi comuni ai farfensi, si vede l'ascesa del monaco Bongiovanni Bove che riuscirà a recuperare il potere politico del monastero. Nel 1314 il comune viene chiamato dal rettore a fornire uomini per sedare la rivolta di Fano, ma non rispondendo immediatamente all'appello, Santa Vittoria venne multata e solo una volta organizzato l'esercito otterrà il condono. Nel frattempo, a Fermo cresce il potere del Mercenario da Monteverde che minaccia anche l'abbazia, rimasta sempre fedele al papato, nel 1337 Santa Vittoria sarà costretta ad accettare come podestà il marito della figlia di Mercenario, un ragazzino di nome Cola Cicchi di Acquaviva, tre anni più tardi però il tiranno sarà assassinato. Con la successiva signoria fermana di Gentile da Mogliano (1346- 1350) si provvederà da parte della Santa Sede, al restauro delle fortificazioni del castello, che si dimostrò sempre fedele al papato. Nel 1350 fu conquistata dalle truppe ascolane guidate da Galeotto Malatesta, durante la guerra contro Gentile, dopo qualche mese di occupazione il condottiero ritorna ad Ascoli lasciando libera la cittadina, l'arrivo del Cardinale Albornoz riporta ordine nel piceno. L'alto prelato pubblica le sue "Costituzioni" nel 1356, dove Santa Vittoria sarà catalogata tra le piccole città, a capo del Presidato Farfense con 19 comuni che ne fanno parte e si rinnoverà anche il sigillo abbaziale. Eletto nel 1363 l'abate Sisto, si avrà un altro periodo di forte splendore, egli andrà incontro al pontefice di ritorno da Avignone e riuscirà ad ottenere indietro il castello di Rovetino, occupato in precedenza da tale Amorotto di Gualtieri. L'abate nomina nel 1368 anche un nuovo priore che darà nuovo slancio alle architetture monacali, oggi ancora visibili nell'Oratorio degli Innocenti, farà anche ristrutturare il convento femminile di Santa Caterina. Nel 1377 il ghibellino Boffo da Massa ricavò una piccola signoria occupando dei territori del Presidato, dominando tra Carassai, Cossignano e Castignano, minacciando anche di conquistare l'abbazia senza riuscire nel suo intento.
Nel 1404 sale al potere nel fermano Ludovico Migliorati, alleato di Ladislao d'Angiò si scagliò contro il Papa Gregorio XII, difeso dai farfensi di Santa Vittoria, solo con il concilio di Costanza nel 1414 si avrà di nuovo la pace. Come gran parte della Marca, nel 1433 il territorio verrà occupato da Francesco Sforza, nel 1444 il fratello Alessandro si accamperà in paese, per placare una rivolta a Montefortino ed a Force catturerà ottanta oppositori. Ma poco dopo, l'assalto dall'esercito aragonese unito a quello pontificio guidato da Giovanni Ventimiglia, recupererà il territorio; nel 1446 il comune darà alle stampe gli statuti. Nel 1481 continuano le pressioni da parte del Legato che cercavano di imporre al comune il podestà, suscitando le proteste della popolazione che da lungo tempo ormai sceglieva autonomamente i suoi rappresentanti.
L'inizio del XV secolo sarà caratterizzato da diverse pestilenze, causate principalmente dal passaggio dei Lanzichenecchi nel 1527, ma si vedranno anche nuovi restauri delle strutture monastiche e la costruzione dei primi grandi palazzi nobiliari. Verranno istituite le prime confraternite, verso la metà del secolo, anche il Monte di Pietà e quello Frumentario. Nel 1540 scoppiarono dispute tra le fazioni interne del paese, capeggiate rispettivamente dalle famiglie dei Fulci e dei Macilenti, risolte due anni dopo dal Governatore della Marca. Si rinnovano gli Statuti nel 1548 e si legge della riorganizzazione dell'annuale consegna dei doni da parte dei rappresentanti della comunità, mentre il Concilio di Trento porterà nuove riforme alla chiesa e porrà le condizioni per la fine del presidato farfense. Con la riforma diocesana, l'abbazia perderà la "Diocesi nulla" e pochi anni dopo, per volontà di Gregorio XIII, nascerà la Diocesi di Ripatransone, che nel 1571 sottrarrà diversi comuni alla protezione farfense, lo stesso faranno Ascoli e Fermo. Il Papa piceno Sisto V recupererà il Presidato trasformandolo in quello di Montalto, paese col quale il pontefice aveva legami famigliari. Ormai l'epoca del potente monastero era finita, infatti nel 1629 i monaci vengono trasformati in Canonici Secolari, sottoposti all'abate farfense e nel 1632 la chiesa monastica viene eletta a Collegiata.
Nel XVIII secolo il paese nonostante la stabilità politica nel territorio, vide una grande decadenza: nel 1747 la diocesi farfense venne soppressa definitivamente da Benedetto XIV, accorpando Santa Vittoria a quella di Fermo. Sempre per opera del papa, si effettuarono alcuni lavori pubblici per sanare alcuni dissesti lungo le mura occidentali, che vennero attrezzate con una serie di botteghe, rammentate dalla targa murata nella fontana di piazza della Repubblica. Anche la chiesa di Santa Vittoria versava in precarie condizioni, quindi nel 1771 si decise di demolirla ricostruendola più in basso, deponendo il corpo della santa temporaneamente nella chiesa scomparsa di Santa Maria della Valle. Nel 1793 venne inaugurata la nuova monumentale collegiata, vedrà l'arrivo delle truppe rivoluzionari francesi che nel 1798 cacciarono i pontifici, favorendo la creazione della Repubblica Romana. La rivoluzione ci sarà anche dal punto di vista amministrativo con la creazione del nuovo Dipartimento del Tronto, con capoluogo Fermo, del quale Santa Vittoria era sede di Cantone, con sotto di se diversi comuni del circondario. La Repubblica crolla nel 1799 col ritorno del Papa che regnò fino alla discesa di Napoleone, che nel 1808 annetterà gli Stati Pontifici al Regno d'Italia, ripristinando i Dipartimenti della Repubblica Romana. Finisce però compresa nel cantone di Petritoli, sottoposto al distretto di Fermo del Dipartimento del Tronto. Con la restaurazione nel 1816 il paese è a capo di un suo Governo, compreso nel Distretto di Montalto, nella Legazione Pontificia di Ascoli, almeno fino ai moti del 1831, due anni più tardi passò alla legazione di Fermo fino all'Unità d'Italia nel 1861. L'anno successivo venne aggiunto "in Matenano" al nome del comune, distinguendolo dalle altre località omonime nel vasto regno italico, entrerà a far parte della Provincia di Ascoli Piceno, compresa nel Circondario di Fermo del quale sarà capoluogo di Mandamento fino al 1926. Durante la Seconda Guerra Mondiale il paese fu occupato dalle truppe tedesche in ritirata nel 1944, poiché fu scelto come centro delle difese della zona, fortunatamente per la popolazione locale si scelsero posizioni più arretrate e l'esercito lasciò il paese qualche giorno più tardi. Dal 2004 è entrata a far parte della ricostituita provincia fermana.
Originariamente si giungeva in paese dopo aver scalato il Matenano che si innalza più a sud dell'incasato, dalla sua cima le case si distribuiscono a semicerchio, come un ventaglio, separate dalle vie che corrono lungo la linea di pendenza minima. La cinta muraria le chiudeva a nord, unico punto accessibile e non protetto da alte rupi. Solitamente si inizia la visita da Piazza della Repubblica, con la sua balconata panoramica, i giardini ed il teatro, al cospetto del severo ingresso medievale: la Torre dell'Abate Oderisio. Da qui inizia il corso del paese, dove si concentrano buona parte dei monumenti a partire dall'ex palazzo comunale a ridosso della porta, poco più avanti invece si trova la facciata della chiesa della Madonna della Pace, più avanti si trova l'ampia mole di Palazzo Sepe - Monti. Lo segue il cinquecentesco Palazzo Melis, mentre difronte comincia il complesso di San'Agostino, col palazzo comunale e la chiesa, difronte compare il nobile Palazzo Lamponi e il singolare Palazzo della Torre, da qui il corso curva scendendo fino alla circonvallazione, uscendo dal paese. Una serie di passaggi lo collegano alla parallela Via Lamponi, posta più in alto, dove si trova l'ottocentesca chiesa di San Salvatore ed alcuni interessanti edifici come Palazzo Castignani e Palazzo Macilenti all'estremità orientale della strada. Da lì parte via XX Settembre che sale fino alla cima del monte, passando per l'ex convento di San Francesco ed il suo parco, proseguendo fino al sagrato del Santuario di Santa Vittoria, dove il verde parco della Rimembranza nasconde la cima del Matenano. Lì erano ospitati gli edifici del grande monastero, oggi sono ancora visibili: la Chiesa della Resurrezione e il l'Oratorio degli innocenti, con l'incantevole panorama sulle zone circostanti e sui monti Sibillini. Tornati al santuario si può scendere fino a via Cisterna che conduce a Via Roma, da lì si prosegue passando al fianco del Monastero delle Benedettine. Si può terminare il percorso una volta arrivati alla piazza dove si trova la torre, oppure si possono percorrere le rimanenti porzioni del centro storico.
https://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Vittoria_in_Matenano
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https://it.wikipedia.org/wiki/Suddivisioni_amministrative_dello_Stato_Pontificio_in_et%C3%A0_contemporanea
https://oplon.jimdo.com/articoli/l-organizzazione-amministrativa-napoleonica/
Autore: Maurizio Mauro
Titolo: Castelli: Rocche torri cinte fortificate delle Marche (Fermo e i suoi castelli) Vol.IV
Autore: Gabriele Nepi - Giovanni Settimi
Titolo: Storia dei Comuni Piceni Vol. VI
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