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Una delle più importanti chiese di Servigliano, precedente alla fondazione dell'abitato.
Prende il nome appunto dal "Piano" che un tempo, si stagliava davanti al suo sagrato poi occupato da Castel Clementino, oggi Servigliano, verso la seconda metà del XVIII secolo. Da una descrizione del convento si legge che, nel suo perimetro erano stati rinvenuti alcuni resti di mura. All'epoca attribuiti alla popolazione del "Faleri", più probabilmente manufatti di epoca romana. Alcune supposizione attribuiscono l'origine del luogo sacro ai monaci benedettini, i farfensi, costruttori di una piccola cappella. Ai monaci si sostituisce il vescovo di Fermo nel XIII secolo, il sito passa sotto i posssessi del parroco di San Marco, nel castello di Servigliano. Nel secolo successivo sono presenti i monaci del Terzo Ordine Francescano, mentre nel XV sono registrati i monanci Clareni, scacciati poi da San Giacomo della Marca. Agli inizi del XV secolo, una veggente locale aveva predetto che: l'abitato si sarebbe salvato da guerre e pestilenze, se avesse costruito una chiesa nel Piano di Servigliano. In quel tempo si stava diffondendo la peste nei centri vicini, funestati anche dalla guerra tra il pontificato ed il signore di Fermo, Ludovico Migliorati. Su sollecitazione delle autorità, seguaci della veggente, nel 1414 il vescovo approva la ricostruzione della chiesetta, concede anche l'indulgenza ai contributori. Nel 1457 una bolla di Papa Callisto III, continua assicurando altri benefici ai visitatori, piuttosto numerosi grazie alle fiere del bestiame svolte nel pianoro antistante. La struttura primitiva oggi sopravvive ancora, coi suoi resti inglobati nelle murature della sagrestia, dove rimangono tracce di affreschi del XV secolo. Sempre del quattrocento è la statua della Madonna seduta in preghiera, titolare della chiesa ed oggi custodita nella collegiata di San Marco. Su richiesta della popolazione nel 1578 vi si insediano i Padri Minori Osservanti, appoggiati dal Papa Gregorio XIII, con la concessione della chiesa nella bolla del 1579. Da alcune cronache si legge che questi provenivano dal convento di Montappone. Iniziano subito a risistemare ed ampliare il vecchio monastero, grazie anche all'aiuto della popolazione. Oltre alla chiesa la comunità dona anche il grande pianoro per le fiere, che con i suoi proventi contribuiva al mantenimento dei religiosi. Il loro zelo porta a radicali sconvolgimenti, si acquista a Venezia un Gesù Crocefisso in legno, opera del 1599 di Cesco da Udine. Questa viene trasportata in nave fino a Porto San Giorgio, dove si avvia verso il convento, tradizione vuole che le campane della cittadina portuale, suonassero miracolosamente al passaggio della croce, come a Grottazzolina e Belmonte. L'opera, ritenuta miracolosa, viene subito venerata dalla popolazione, aumentando l'afflusso di fedeli. Intorno alla meta del secolo viene quindi ampliata la chiesa ed alcuni affreschi medievali, vengono ricollocati sul retro della facciata. Sempre nello stesso secolo, viene abbellito il chiostro con i lunotti affrescati, ingranditi anche gli spazi destinati agli ospiti. Vi abitano dodici frati, fondano anche la confraternita di Sant’Antonio di Padova, la Compagnia per il Suffragio dei Defunti e rianimano il Terz'ordine Francescano. Forniscono a ciascuna un altare nella chiesa, che poi provvederanno ad adornare nel corso dei secoli. Nel 1739 viene costruito il campanile, nel 1746 si aprono i cantieri per un altro ampliamento della chiesa, diretti da mastro Gregorio Porfiri da Collina. L'anno seguente si completa il rifacimento facciata, mentre viene installato l'organo, realizzato da Giovanni Fedeli da Rocchetta di Camerino. I lavori sulle volte della navata terminano nel 1748, il coro e gli altari nel 1750, dieci anni più tardi si rinnova anche la sagrestia. Nel 1766 si rifanno le pavimentazioni e tre anni dopo il pulpito. Vengono commissionati le nuove mobilie, il coro è realizzato da Brunetti da Santa Vittoria, la sagrestia da Alessio Donati di Offida. In contemporanea si espande anche il convento, con nuovi edifici destinati ai vari servizi. Non mancano le nuove stanze destinate agli ospiti, i pellegrini ed infine durante le fiere, i lavoratori ed soldati servizio d'ordine, inviati dal governo fermano. Intorno numerosi sono gli orti ed i campi coltivati, resi fertili dall'abbondanza delle acque, in alcune vasche di probabile origine romana, erano inoltre allevati anche i pesci. Diventa uno dei più importanti centri francescani nella zona, vi si tengono le riunioni dei Ministri Provinciali. Ben integrato nella comunità, in alcune giornate particolari, riceveva in visita dei religiosi e delle confraternite di San Marco, insieme ad una delegazione del comune. Una svolta nella storia del convento avviene sul finire del settecento, infatti le frane danneggiano il vecchio castello, costringendo la popolazione ad abbandonarlo. Dopo numerose suppliche a Papa Clemente XIV, si acconsente alla costruzione di un nuovo insediamento, nella grande piana antistante il convento. La cosa scatena le proteste dei frati, che avrebbero perso le rendite ricavate dalle fiere. L'intervento del pontefice cerca di calmare gli animi, e nomina uno dei frati di Santa Maria del Piano, ad occuparsi dei calcoli ingegneristici del nuovo insediamento. Costui è l'erudito e studioso Fra Francesco Filonzi, esperto matematico, agrimensore e cosmografo, scrittore di diversi libri e studi pubblicati. Grazie al suo intervento, la cittadina è realizzata con un lato parallelo al convento, inoltre mette in asse la porta della chiesa, con due delle tre porte della cittadina: Clementina e Pia. In sintesi il progetto redatto da Virginio Bracci, viene approvato nel 1771, i lavori iniziano l'anno seguente e già nel 1778, gran parte degli edifici sono realizzati. Con la livellazione del terreno per il nuovo cantiere, il convento finisce poco più in basso rispetto al nuovo piano stradale. Nel frattempo gli uffici comunali, approfittando dell'emergenza, sono ospitati negli ambienti del convento insieme alle scuole, previo pagamento di un affitto annuo ai frati. La convivenza dura fino al 1789, quando si completa il nuovo palazzo comunale. Stessa cosa per la parrocchia di San Marco, che celebra nella chiesa conventuale, fino al completamento della nuova sede. Nel 1758 vi è seppellita la Serva di Dio Fernandina Pierangeli, originaria del paese e morta in odor di santità; i lavori del campanile terminano nel 1788. Il convento viene soppresso nel 1810 per ordine di Napoleone Bonaparte, dopo la cacciata dei religiosi viene acquisito da privati. Ritornano dopo la "Restaurazione" nel 1816, dovendo però riparare i vari danni, causati durante la loro assenza. La venerata statua della Madonna viene spostata sotto il Crocifisso nel 1852, in una nicchia sopra la sagrestia, su un nuovo baldacchino dorato. I monaci se ne vanno definitivamente dopo l'Unità d'Italia, dopo il 1866 con la confisca dei vari beni, posseduti dal decaduto Stato Pontificio. Vengono praticamente scacciati dal sindaco, aiutato dalle guardie, rimane quindi inutilizzato per due anni, fino alla richiesta di utilizzo da parte del comune. Ne entra in possesso solo nel 1883, viene frazionato e riutilizzato per varie attività, come scuola e la caserma dei Carabinieri, poi anche come ospedale. Il comune si occupa anche di riaprire la chiesa, stipendiando un frate per dirvi messa, nel 1898 viene infine acquistata da don Raffaele Gaspari. Questi nel 1904, sostituisce al cappellano comunale con uno di sua nomina, inoltre nel 1910 nell'ex convento, fa aprire l'asilo ed una scuola femminile, gestiti dalle suore di San Gaetano. Le celebrazioni passano in seguito al parroco di San Marco. Dopo alcuni interventi nel secondo dopoguerra, viene infine chiuso nel 1988 per problemi al tetto. Ancora restaurato nel 2007, subisce danni dai terremoti iniziati nel 2016, risultata inagibile, nel 2024 sono stanziati i fondi per il restauro ed il consolidamento strutturale.
La lunga sagoma del convento, occupa interamente il lato della piazza davanti all'abitato, attraversata dalla strada che collega la costa a Fermo ed Amandola. La struttura è assai ampia e comprende il monastero con il chiostro e la chiesa in posizione centrale. A sinistra si aggiunge un'area recintata con un parco alberato che precede un'altra ala, a destra invece un lungo edificio, più basso rispetto al resto degli edifici. La parte conventuale, mostra due grandi finestroni ad arco agli estremi della facciata, tipiche di questi edifici. Un bel portale, ornato con una cornice in bugnato in pietra di travertino, permette l'accesso al chiostro, con i suoi archi e corridoi voltati ed al centro l'immancabile pozzo. La facciata della chiesa è intonacata a pitturata a differenza del resto, il portale in pietra si trova al centro. Questo è piuttosto semplice ad esclusione del lunotto superiore, di gusto barocco con due ricci ai lati, separati al centro dove una cornice curva, protegge il monogramma dell'Ave Maria. Due coppie di lesene, salgono appaiate ai lati del portale, congiungendosi alla cornice centrale, che divide in due porzioni la facciata. Nella parte superiore si trova una semplice finestra incorniciata, ai lati continuano le lesene, interrotte in alto da pinnacoli sorreggenti un globo. Sopra un'ultima cornice si trova il timpano tondeggiante, anch'esso incorniciato, al centro un altro pinnacolo, sorregge una croce ed una banderuola segnavento in ferro. A destra della chiesa corre il lungo e basso edificio, spoglio di ornamenti ad esclusione della fascia, che corre sotto il tetto. Sul retro si scende in un ampio piazzale, dove si scorgono le mura esterne della sagrestia, con i resti dell'antica cappella. Si vede ancora la vecchia facciata e l'ingresso murato, un tempo rivolto ad Est. La chiesa all'interno si mostra con i suoi richiami neoclassici, a navata unica, oltre all'altare centrale ve ne sono altri sei, tre per ciascun lato. Gli spazi sono scanditi da semipilastri, raccordati alla fascia in alto, che corre per quasi lungo tutto il perimetro dell'aula. Le decorazioni sono abbastanza sobrie, si limitano a dei capitelli ed agli stucchi sopra gli altari. La volta è a botte e tagliata ai lati dalle lunette, dove si collocano le finestre. Subito sopra l'ingresso c'è l'organo con la cantoria, sul retro della facciata appare la Vergine in Trono quattrocentesca. Il pulpito ligneo interrompe la simmetria della parete sinistra. Nel presbiterio si trova l'ampio altare maggiore, dietro si dispongono gli scranni del coro ligneo, sormontati dalla grande nicchia dorata, ospitante il Crocefisso tardo cinquecentesco. Dietro ci sono gli ambienti della sacrestia, dove oltre al pregevole mobilio, si trovano gli avanzi di affreschi della chiesa quattrocentesca: un Sant'Antonio del 1464 ed un Crocefisso con Madonna e San Giovanni. Tra gli altri dipinti contenuti, si ricordano un San Francesco con San Giacomo della Marca e San Pietro d'Alcantara, una tela di San Giovanni di Capistrano e San Pasquale Baylon. Altri due quadri appartenuti al complesso, sono ora custoditi nella sala consigliare del comune.

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