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Contrada placidamente adagiata lungo la piana del fiume Aso, posta tra gli antichi feudi della rocca di Montevarmine e dello scomparso Camporo. Fu legata fin dal XI secolo all'abbazia che le dà il nome, nonostante gli insediamenti umani siano precedenti e si riscontrino già a partire dall'età romana. Nel X secolo la zona era un possedimento farfense; non ci sono documenti che attestino l'esistenza del monastero ma si sa che nel 957 l'abate di Farfa, Campone, definito dagli storici come uno dei "mali abbates", cede a Rainero di Adalberto i terreni di Sant'angelo in Piano insieme ad altri possedimenti siti nel fermano. Le prime notizie sul monastero arrivano invece nel 1055 e da allora l'abbazia sarà il nucleo centrale della località che grazie alla posizione si rivelerà molto adatta agli scambi commerciali, in quanto situata sulla via Ascoli-Fermo e in mezzo alla valle dell'Aso, dove fin dal medioevo avevano luogo fiere e mercati, che si tenevano l'8 di maggio.
Oltre alle strutture monastiche, il nucleo della contrada vantava anche la presenza di un mulino, che oggi giace abbandonato, e i residui di una fornace del III-IV secolo a.C. che a partire dall'epoca picena e romana fu utilizzata probabilmente anche durante tutto il medioevo. Con l'accorpamento dei beni del monastero all'opera Pia della Confraternita dell'Ospedale di Fermo, diventerà sede delle diverse colonie di mezzadri che continueranno a lavorare gli appezzamenti assegnati fino alla soppressione dell'ente, sul finire del XX secolo.
Oggi come allora l'agricoltura la fa da padrone sfruttando i terreni pianeggianti della piana dell'Aso e l'antico insediamento è stato trasformato nel corso dei secoli in azienda agraria, raggiungibile da una strada brecciata che da valle risale fino a sotto le pendici della Rocca di Montevarmine.

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