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Grazioso paese che ancora mostra le sue fattezze medievali, placidamente adagiato sui bassi crinali della vallata settentrionale del Vomano.
Il suo nome risale alle dominazioni longobarde che con buona probabilità lo hanno fondato come posto di controllo, il termine gualdo viene dal germanico "Wart" ovvero luogo dove si osserva. Già nell'anno 897 gli imperatori carolingi lo riconoscono come possedimento della corte di Montone, appartenente ai castelli del vescovo di Teramo, e da qui se ne perdono le tracce fino al 1121 quando risultava essere compreso tra i beni della vicina abbazia di San Clemente al Vomano, dipendente da San Clemente in Casauria.
Anche l'imperatore Lotario II di Supplimburgo stanziato col suo esercito lungo il Tronto, a confine tra l'Ascolano ed il Teramano, difende l'abbazia di San Clemente da un signorotto che rivendicava Guardia come suo possesso. La situazione rimane invariata anche durante l'invasione normanna come si legge nel Catalogus Baronum, il catasto feudale da loro redatto a partire dal 1150 a seguito della campagna di conquista italiana.
Riconosciuto ancora all'abbazia dai pontefici nel 1166 e nel 1191, intanto venivano redatti due interessanti diplomi falsi che gireranno ancora nei secoli successivi dove, si attribuisce sempre il possesso di Guardia a San Clemente dagli imperatori germanici. Nel 1251 alla città di Atri viene concesso il diritto di elevarsi a libero comune incorporando nei suoi castelli anche Guardia, l'anno successivo viene eretta sempre nella cittadina atriana anche la nuova diocesi con annessa l'abbazia di San Clemente. Ma nel 1266 diventa Re di Napoli Carlo d'Angiò e due anni più tardi, l'istituzione monastica casauriense recupera i beni perduti, nel 1273 il nuovo re francese riscuoteva le tasse nel castello unito a quello di Casale San Giovanni in Vomano, ubicato nei pressi di Roseto. Nel 1275 si legge che l'abbazia pagava ancora per Guardia ma l'anno successivo si nota che insieme agli ecclesiastici, anche di Jacopo di Acquaviva figurava come signore del castello. La convivenza feudale sarà riscontrata anche nel 1279 quando Carlo d'Angiò ordinerà la redazione dei catasti dei signori a lui sottoposti. Qualche tempo dopo la città di Atri aveva riconquistato il castello ma nel 1294 il nuovo re Carlo II fa restituire i beni usurpati dalla cittadina, agli inizi del XIV secolo il castello è ancora diviso tra San Clemente e Gentile e Mainiero di Acquaviva, nei registri successivi si legge che la situazione era rimasta invariata per lungo tempo.
Nel 1382 Antonio Acquaviva diventa per volontà di Re Carlo III d'Angiò il primo duca di Acquaviva e da allora il castello seguirà anche le vicissitudini della nobile famiglia e del ducato d'Atri. Dal 1438 ed il 1443 se ne impossessa Francesco Sforza che aveva sconfitto Giosia Acquaviva costringendogli a cedere gran parte del ducato. Ribellatosi agli Aragonesi, Giosia viene assediato a Cellino e dopo la morte a causa della peste nel 1462, i suoi territori vengono presi da Roberto di Capua che guida il ducato d'Atri fino al 1467. Durante le guerre di Successione tra francesi e spagnoli, viene spogliata dei beni per essersi schierata con Luigi XIII di Francia, riabilitata poi nel 1506, dall'aragonese Re Ferdinando il Cattolico; perderanno ancora i loro feudi durante la guerra d'Italia nel 1521 ma saranno ancora amnistiati nel 1532.
Nel 1550 Giovanni Antonio Donato Acquaviva concede in vendita Guardia Vomano ad Antonio Mariconda, stessa cosa farà il figlio Giovanni Girolamo che lo vende a Giuseppe Franconio, ma nel 1592 si legge che era tornata in mano ai duchi e vi rimarrà fino all'estinzione della dinastia nel XVIII secolo. Intanto nel 1523, durante una pestilenza, viene eretta fuori le mura la chiesa di San Rocco nel 1643 e si legge del'esistenza di un ospedale nel castello. Nel 1760 muore l'ultimo discendente degli Acquaviva ed il ducato diventa parte del nuovo Stato Allodiale di Atri, dipendente direttamente dalla corona. Rimane un'amministrazione autonoma fino all'epoca napoleonica, nel 1807 si annullano i vecchi diritti feudali e viene creato il comune moderno, sottoposto al governo della vicina Notaresco fino al 1811 quando ne diviene frazione, perdendo per sempre l'antica autonomia. Nel 1861 si era unita l'Italia ed il paese subisce come i centri limitrofi, gli assalti dei briganti misti alle milizie del destituito regno che si erano date alla macchia e si sostentavano depredando il circondario fino all'estinguersi del fenomeno qualche anno più tardi. Il secondo dopoguerra vede la perdita di importanza del centro e l'emigrazione verso la pianura del Vomano che vedeva sorgere i suoi primi impianti industriali. Ancora adesso il svetta sopra la modernità della vallata con il suo caratteristico profilo, dove si intravedono ancora segni del suo passato di centro fortificato. Vi si può ancora notare la divisione tra il castello ed il borgo, del primo rimane buona parte del circuito delle mura difensive ed i resti di alcune torri, all'interno si trova una grande piazza ricavata demolendo le strutture medievali ed una terrazza, rimangono ancora alcuni interessanti palazzi nobiliari. Ai piedi delle mura orientali si trova la piazza del borgo dove sorge la bella chiesa di San Rocco con il caratteristico campanile, qui le abitazioni sono di origine più tarda rispetto al castello e mano a mano che ci si allontana per la via principale, l'abitato si fa sempre più moderno. Continuando per questa strada si raggiunge la non troppo lontana abbazia di San Clemente al Vomano che vale la passeggiata, accompagnate da belle vedute della campagne e della vallata, intervallate da qualche sprazzo di mare.

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