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Gualtieri apparteneva ad una famiglia baronale abruzzese che prese il nome dal castello di Bellante, di cui era proprietaria.
Nasce nel corso del XIII secolo da Bartolomeo, di cui doveva essere il primogenito se nel 1276 dopo la morte del padre, gli fu affidata la tutela dei fratelli. Sarà uno dei fautori della rivolta dei Baroni abruzzesi ghibellini che si erano schierati dalla parte degli imperatori svevi contro gli angioini, la sollevazione scoppiò nei giorni seguenti alla notizia della morte di Carlo d'Angiò avvenuta nel gennaio del 1285, La rivolta fu capeggiata da Corrado di Antiochia, il nipote dell'Imperatore Federico II e dopo aspri scontri Papa Martino IV reggente del Regno di Sicilia, riuscì a soffocarla solo a stento. Gualtieri ebbe in tutti questi avvenimenti un ruolo di primo piano e sicuramente fu uno dei più tenaci e battaglieri capi del cosiddetto "baronaggio abruzzese" in rivolta; indomito, non si sottomise neanche dopo l'espulsione di Corrado d'Antiochia dal Regno, avvenuta alla fine dell'estate del 1285.
Circa quattro mesi dopo, nel dicembre di quello stesso anno, il Legato Pontificio Gherardo da Parma scrisse al Giustiziere di Abruzzo che le sue fonti sul posto, avevano saputo che Gualtieri coi suoi alleati sobillava e provocava ancora i disordini, furono quindi convocati molti feudatari abruzzesi per organizzargli una spedizione contro. Essendo un attento stratega approfitta dei contrasti nel castello di Campli per impadronirsene utilizzandola come base per danneggiare Teramo, dopo il 1286 insieme ai suoi seguaci è ormai considerato un nemico pubblico ma riesce comunque a sfuggire alla cattura.
Il Giustiziere d'Abruzzo quindi fu ancora una volta autorizzato a raccogliere milizie feudali della provincia per contrastarlo, questa volta affidando il comando delle truppe al capitano Pietro de Braida, da qui le notizie arrivate fino ai nostri giorni sono incerte, pare comunque che ancora una volta il Gualtieri sia riuscito a far perdere le sue tracce. Probabilmente approdò dopo alterne vicende in Sicilia, dove aveva degli appoggi politici, nel luglio del 1290 si legge di un milite chiamato "Gualtieri Bellanti"che insieme al Giudice Nicoloso de Brignali, si reca in ambasceria a Genova per conto di Re Giacomo d'Aragona, II detto "Il Giusto".
Il cronista Nicolò Speciale lo ricorda tra i quelli che nel 1301 intendevano attentare alla vita di Federico III d'Aragona, Ma la congiura i cui motivi e le finalità politiche rimasero oscuri, fu scoperta e stroncata sul nascere e Gualtieri ancora un volta ebbe salva la vita ma stavolta subì l'esilio. Ricompare nel 1306 quando in virtù di una causa del trattato di Caltabellota, viene reintegrato nei suoi feudi d'Abruzzo. Dopo questa data non si hanno di lui più notizie e probabilmente morirà pochi anni più tardi.

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