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Cecco d'Ascoli (Francesco Stabili di Simeone)
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Leggenda vuole che fosse nato ad Ancarano nel 1269 perché la madre vi si recò in soggiorno per una festa e li partorì. Francesco Stabili, noto come Cecco d'Ascoli, è una delle figure più difficili, e nello stesso tempo affascinanti, del medioevo ascolano. Definito maldestramente negromante, ed in realtà semplice astrologo, fu un uomo di indubbia dottrina e certamente di grande virtù. Filosofo, scienziato e anche poeta, Cecco fu di ingegno multiforme e ribollente, di carattere fiero e scontroso; tutte caratteristiche che riassumevano l'insieme delle contraddizioni e dei drammi del suo tempo. Figlio di Simone Stabili, Cecco apparteneva a una facoltosa famiglia feudataria del monastero ascolano di Sant'Angelo, legata all'esercizio (tramandato di padre in figlio) del notariato, e aveva studiato probabilmente nell'università di Nicolò IV. Secondo alcuni antichi autori si era recato anche all'università di Salerno (all'epoca molto importante) per poi arrivare fino a Parigi. Certo è che nel 1322 teneva lezione di astrologia all'università di Bologna. Subì la prima condanna nel 1324 per aver fatto dei commenti “negativi” sulla religione cristiana: le sanzioni furono una grossa multa, la perdita della cattedra e il sequestro dei suoi libri di astrologia. Questa “mossa”, che poteva sembrare una sbavatura, gli fece invece guadagnare ammirazione dai colleghi e dagli studenti così da far rafforzare la sua figura a tal punto che già l'anno successivo fu reintegrato e addirittura promosso. Poco prima di essere arrestato dall'inquisizione era alla corte fiorentina del duca Carlo di Calabria in qualità di medico e astrologo. Nella città toscana godeva di fama tra gli intellettuali, tanto da essere un punto di riferimento nella cultura del suo tempo. Ma come si può allora spiegare la condanna al rogo di questo grande intellettuale e studioso? Sicuramente perché era molto (troppo) “avanti” con le riflessioni e le tematiche. Nel suo libro “Acerba etas”, semplicemente l'Acerba opera fondamentale, si illustrano i cieli, le intelligenze che li governano ed i fenomeni celesti come la terra e i suoi elementi. A queste si aggiungono argomentazioni sulla nascita dell'uomo, gli influssi che i cieli avrebbero su di esso, le fisionomie, le sue virtù e suoi vizi, l' amore, la vita attiva e i sogni. Inoltre nel testo sono descritte, come virtuose, le “scienze occulte” e sono mosse critiche sferzanti e feroci alla poesia fatta di “favole”, con particolari riferimenti alla Divina Commedia di Dante Alighieri. Cecco a Firenze fu osteggiato da Raimondo vescovo di Aversa, che ricopriva la carica di cancelliere. La situazione precipitò a seguito degli oroscopi “nefasti” sulla figlia del duca (Giovanna, futura regina di Napoli) e sulla discesa in Italia di Ludovico il Bavaro, imperatore tedesco e paladino dei ghibellini, in aperto contrasto con il papato. Purtroppo per Cecco le circostanze erano ormai così avverse che fu arso al rogo davanti alla basilica di Santa Croce il 16 settembre del 1327.

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