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Uno dei centri più noti della Valle Siciliana, ricordato per le sue famose ceramiche e per la bellezza dei luoghi caratterizzati dagli scenari surreali creati dal fenomeno erosivo dei calanchi. Sorge ai piedi della catena del Gran Sasso, edificata lungo un ripido sperone sopra la confluenza del fosso Rio con il torrente Leomogna, sito più in basso rispetto alle colline circostanti, ma in posizione quasi imprendibile. Le sue origini possono essere ricondotte all'epoca medievale, i primi scritti su questi luoghi lasciano trasparire che essi erano sottoposti al monastero di San Vincenzo al Volturno già dal VIII-IX secolo, difatti un documento redatto nel XII secolo lo cita tra i vari beni monastici della giurisdizione di Penne. Cade sotto il dominio normanno e nel 1150 nel "catalogos baronum" si ritrova assegnato come feudo a Oderisio da Collepietro, uno dei primi componenti della dinastia dei Da Pagliara e forse membro di un ramo dei longobardi conti dei Marsi. Intanto per opera dei monaci tempo addietro era sorto il monastero di San Salvatore, a lungo centro di potere nella zona, oggi scomparso, che era collocato nell'area dell'attuale frazione Villa Re, citato nel 1188 quando viene ceduto con i suoi territori all'abate del monastero di San Nicolò, presso Teramo.
I Da Pagliara domineranno a lungo queste terre rafforzando il loro potere in periodo svevo, quando alcuni personaggi della famiglia saranno designati come alti funzionari imperiali, mentre si ricordano nella loro genealogia Berardo e Colomba, entrambi divenuti santi protettori di Teramo. Durante l'epoca angioina, nel 1276 grazie ad un matrimonio tra l'ultima discendente della famiglia, Tommasa di Gualtieri di Palearia con Subiaco conte di Teate, termina la dinastia dei Palearia, da questa coppia nascerà Maria che andrà in sposa nel 1340 a Napoleone Orsini, portando in dote il suo fuedo. Da quel momento la dinastia sarà investita dalle lotte per la successione del regno di Napoli e con l'arrivo degli Angiò Durazzo gli Orsini perderanno il loro potere sulla vallata. Nel 1419 Giovanna d'Angiò Durazzo vende la baronia al Conte Francesco Riccardi di Ortona insieme ad altri feudi nell'area, ma nel 1481 i Riccardi andarono in contrasto contro l'aragonese re Ferrante I e vengono spogliati dei feudi della valle Siciliana che passano ad Antonello Petrucci dei Conti di Aversa. Nel 1472 vi nasce il poeta Marc'Antonio Epicuro, ricordato tra i più grandi del suo tempo, qualche anno dopo, nel 1479, Antonello Petrucci vende a Pardo Orsini il feudo che viene riconfermato anche dal Re di Napoli Carlo VIII nel 1495; il dominio però avrà breve durata, infatti con la definitiva cacciata dei francesi dal Regno nel 1523 da parte degli Aragonesi, gli Orsini perdono per sempre i diritti sulla Valle Siciliana. L'anno successivo passa brevemente sotto il governo del Duca di Sessa Don Luis Fernández de Córdova y Zúñiga che muore nel 1526, quindi l'imperatore Carlo V decide di ricompensare con la baronia, che eleva al rango di marchesato, ad uno dei suoi fidati generali, Ferrante Alarçon y Mendoza, per i suoi meriti nella battaglia di Pavia. I Marchesi nel 1559 insediano un giudice ad Isola che amministrava la giustizia anche nei paesi vicini e quindi Castelli. Intanto si andava sviluppando la manifattura della ceramica, si assiste alla fondazione di alcune botteghe storiche come quella dei Pompei e dei Paolini ma nel XVI secolo la produzione rimane ancora piuttosto modesta e nonostante riesca a trovare un posto nel mercato italiano, non spicca rispetto agli altri centri artigianali come Faenza, Pisa, Pesaro e Urbino. Nel secolo successivo questi videro una progressiva crisi e da allora Castelli riesce ritagliarsi un ruolo di prestigio, proprio in questi anni emergono i suoi maggiori artisti della ceramica come la dinastia dei Grue e dei Gentili. I rapporti con il paese e i Marchesi della Valle Siciliana, soprattutto per l'uso delle acque e dei mulini, non furono sempre idilliaci, nel 1717 il risentimento dei castellani esplode con una rivolta capeggiata da Francescoantonio Grue, ma la reazione dei marchesi non si fece attendere e represse la rivolta arrestandone i capi che vennero condotti nelle carceri napoletane e lì rimasero per otto anni. Nel 1727 viene stipulato un trattato tra i ceramisti ed il marchese che porta un periodo di pace tra le parti ma, quando Melchiorre Delfico pubblica la sua opera sulla ceramica castellese, riesplode la protesta. Il dominio dei marchesi perdurerà fino all'abolizione della feudalità avvenuta per mano del Re Giuseppe Bonaparte nel 1806 dopo che la Rivoluzione Francese aveva scalzato i Borbone, tornati al potere dopo la cacciata dell'ultimo erede napoleonico, Giocchino Murat, nel 1815. La Restaurazione però non toccò le riforme amministrative e l'antica università di Castelli era ormai mutata in municipio, qualche anno dopo si assisterà alla caduta del Regno di Napoli e alla creazione del Regno d'Italia nel 1861, il paese sarà uno dei centri del brigantaggio postunitario e teatro di scontri tra l'esercito piemontese ed i lealisti borbonici.
L'incasato è diviso in due zone, quella più antica del castello, che sorge sopra lo sperone collinare, e il sottostante borgo, di origine più recente, parte dalle porte del castello e colonizza il crinale che risale verso la montagna. Davanti alla chiesa di San Rocco inizia la salita che varcava la scomparsa porta ed immette, costeggiando una suggestiva terrazza panoramica che dà sulle montagne, nella piazza principale del paese, dove sorge la parrocchiale di San Giovanni Battista, il Palazzo Comunale ed il Palazzo Grue. Dalla piazza partono le tre strade che attraversano il castello in tutta la sua lunghezza ricongiungendosi alla via centrale, dedicata a Gentile Carmine, nei pressi della porta settentrionale ora murata ed occupata da una fontana, affianco troviamo la cinquecentesca casa dello storico ceramista Orazio Pompei. Via Felice Bernabei, la più ad Ovest, è la continuazione della terrazza panoramica, nelle restanti vie si fronteggiavano numerose botteghe di ceramisti che da secoli si aprivano lungo le strade, i danni dei terremoti del 2009 e del 2016 hanno colpito il paese che comunque ha cercato di reggere il duro colpo evitando di far spopolare il centro. Il bacino sia culturale che artigianale creato nei secoli dalla manifattura della ceramica sicuramente non lascerà all'abbandono questo bel centro della montagna teramana.

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