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Quasi a mille metri di quota, a guardia dell'alta valle del fiume Salinello che, incuneandosi nelle strette gole tra i monti di Ascoli e Campli scende verso il mare, sorgono i ruderi della possente rocca di Macchia detta anche Castel Manfrino in onore di Manfredi, figlio dell'imperatore Federico II di Svevia.
La Rocca appare già nei documenti del XII secolo come possesso dei nobili di Macchia per conto dei signori normanni d'Abruzzo che, invadendo lo stato della chiesa, lo avevano sottratto al vescovo di Ascoli.
La sua storia sarà caratterizzata da un continuo passaggio di proprietà tra il comitato ascolano e il regno di Napoli. Cacciati i normanni, sarà Federico II di Svevia a riconsegnarlo ad Ascoli che ne manterrà il controllo fino alla sconfitta di Manfredi, figlio dell'imperatore germanico, da parte del francese Carlo d'Angiò a Tagliacozzo. Gli Angioini occuparono quindi la rocca richiamando le ire degli ascolani che subito si armarono e lo riconquistarono suscitando la rabbia dello stesso Carlo d'Angiò che mosse a sua volta un grande esercito per distruggere l'importante castello e punire i suoi occupanti e tutti gli ascolani che capitavano in zona.
Rimangono gli scritti del grande assedio che cominciò nell'autunno del 1272, con grande dispendio di uomini e di macchine, e che culminò la primavera successiva con la presa del castello ormai disabitato poichè gli assediati, visto il grande dispiegamento di forze degli assalitori, preferirono darsi alla fuga.
Successivamente il forte venne restaurato su ordine angioino, insieme ad altre fortificazioni della zona, da Pietro d'Agincourt, noto architetto militare dell'epoca. Nel XIV secolo sarà una delle basi per gli scontri tra guelfi e ghibellini ascolani accogliendone i fuoriusciti e nel 1408 venne riceduta ad Ascoli da Ladislao I di Napoli. Nel tardo quattrocento, durante l'epoca delle signorie, venne occupata dalla famiglia dei Da Carrara che come altre cercava di ritagliarsi la propria signoria nel mosaico amministrativo della penisola; sconfitti quest'ultimi tornò di nuovo sotto il controllo della città ascolana ma venne insidiata dal nipote del Papa Martino V, il vicerè d'Abruzzo Antonio Colonna. Alla fine il Papa riconoscerà ancora tutti i diritti ad Ascoli, ritornerà nel regno delle due sicilie in tempi futuri con dinamiche che ancora non sono state chiarite.
Ad oggi rimangono i ruderi databili tra il XII ed il XIII secolo, è costituito da tre torri edificate lungo uno stretto crinale, collegate dalle mura e dagli edifici castellani: dal primo rudere della torre, che fungeva anche da porta, accessibile probabilmente tramite un ponte mobile, si raggiungeva il primo spazio interno caratterizzato da due muraglie parallele dove si innestavano anche altri edifici dei quali rimangono le fondamenta. La seconda torre, quella centrale, era la principale e la dimora del signore in caso di assedio, da qui le sentinelle scrutavano l'orizzonte e coordinavano le difese castellane; tra la torre maestra e l'ultima torre, che va a chiudere il circuito murato, si trovano le fondamenta della parte nobile dove sono ancora presenti tracce di affreschi.
Recentemente restaurato e reso fruibile tramite comode passerelle è un luogo importante anche grazie al meraviglioso ambiente che lo circonda, che a nostro avviso è tra i migliori della zona.

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