Rilievo subappenninico marchigiano di 1.110 m di altitudine, il suo profilo è caratteristico, infatti, a seconda del punto di osservazione permette di immaginare vari personaggi come ad esempio il profilo di Cecco d'Ascoli.
Conosciuto dal IV secolo con il nome di Montagna Nera, probabilmente per la presenza di boschi di leccio e castagno che a distanza, facevano apparire il monte piuttosto scuro, secondo una diversa versione è legato invece al termine greco “Nearon”, che segnala la presenza di acque. Sono comunque molti i nomi a lui attribuiti, il più antico risulta essere Monte Polesio e trae la sua origine dalla leggenda di Polisia, unica figlia del pagano Polimio, prefetto di Ascoli e governatore ai tempi delle persecuzioni cristiane di Diocleziano. Convertita e battezzata dal futuro Sant’Emidio, si nascose tra i suoi boschi per fuggire dal padre ma cadde in una voragine, chiamata appunto: Rupe di Polisia, dove agli inizi del XX secolo fu piantata la croce ancora oggi presente. Un'altra ipotesi, collega il nome del monte al castello presente alla base della rupe della montagna, tradizionalmente posseduto dell’ascolano Cintio Polesio. Ad oggi è chiamato Monte Ascensione per via dell’ascolano Domenico Savi che qui si dedicò alla predicazione, conosciuto come Meco del Sacco per la semplicità delle sue vesti, una tunica di tela grezza. Nel XIV, costruì un oratorio dedicato all'Ascensione di Gesù Cristo ed è proprio grazie a lui che nel 1334, nacque la festa dell’Ascensione, una delle più sentite processioni in onore della Madonna che si perpetua ancora oggi, celebrata nel mese di Maggio, la cui usanza prevede che chi cammina lungo il suo percorso deve lasciare sulla cima, in corrispondenza della croce, una pietra presa dal luogo di partenza. Si racconta anche che quelli che non hanno mai messo piede sulla montagna, saranno destinati a scalarla sotto forma di lumaca.
Materialmente, il rilievo ricade nei comuni di Ascoli Piceno, Castignano e Rotella, la cima è meta di escursioni e dai suoi pianori è possibile godere di un’ampia vista panoramica, caratteristica che rende questa vetta una strategica posizione per la diffusione dei segnali radiotelevisivi, per questo la presenza di molte antenne. Il territorio inoltre è costituito da zone SIC (Siti di Interesse Comunitario) e ZPS (Zone di Protezione Speciale), è quindi un rilievo soggetto a specifiche misure di conservazione. Di è fatto tutelato dall'Unione Europea attraverso il Piano di gestione Natura 2000 ovvero una rete ecologica che si espande su tutto il territorio e che ha come obiettivo la salvaguardia degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario.
Geologicamente, il territorio del Monte dell’Ascensione è il risultato di movimenti tettonici avvenuti nel tempo, rappresenta di per sé un geosito, un’area con caratteristiche tali da renderlo importante a livello scientifico e ambientale. In passato era un tratto di mare litoraneo, un’antica foce verso la quale confluivano le fiumare provenienti dai Monti Sibillini (Galiè e Vecchioni, 1990). Attualmente, è uno dei più alti affioramenti del Pliocene medio-superiore conosciuti in Italia, caratterizzato da alti strati marini di conglomerati, in cui si riconoscono almeno cinque eventi di sedimentazione, composti da ciottoli eterogenei, principalmente calcarei, alternati a strati arenaceo–argillosi. La particolarità che ne risulta, sono i caratteristici gradoni formati dall'attività selettiva dell’erosione, causando una maggiore abrasione delle rocce derivanti da precedenti sedimentazioni fangose, rispetto ai corpi conglomeratici di intermezzo, meno erodibili e più resistenti. Le scarpate originate hanno altezze che in alcuni casi superano gli 80 metri. Alla base dei versanti argillosi sud-orientali del rilievo, soprattutto in corrispondenza dei torrenti Chiaro, Bretta e Chifente, il fenomeno dell’erosione ha modellato le forme, originando i calanchi. Gli accumuli detritici generati, provenienti dalla degradazione meteorica, sono poi depositati per gravità nelle aree di pendio e di valle, andando a formare un esteso accumulo costituito da sabbia e ciottoli. L’area del Monte Ascensione è ricca di specie e comunità vegetali e grazie a un recente studio, è stato possibile riconoscere tre “Unità di Paesaggio” sulla base dei differenti substrati di crescita, individuando una vegetazione dei suoli arenacei, conglomeratici e argillosi.
Dal punto di vista floristico, in letteratura sono presenti scarse informazioni, alcune delle quali sono state fornite e pubblicate nel 1890 in “Flora marchigiana”, confermando la presenza della pianta erbacea dall'odor di prezzemolo chiamata: Imperatoria Apio-montano, l’orchidea italiana, più recentemente l’agrifoglio e il Senecione di Fuchs. Nella fascia sovrastante il bosco, nella parte più elevata del monte dove sono i pascoli aperti è la Sesleria nitida a predominare, mentre nel versante boscoso nord-occidentale è costituito da specie arboree prevalentemente montane. Tra queste spiccano insieme ad altre specie: il Carpino nero, l'Orniello, l'Acero, il Maggiociondolo con la sua inconfondibile fioritura pendente di color giallo, il Ciliegio selvatico, la pianta dalle rosse bacche chiamata sorbo degli uccellatori. Nel versante opposto invece sono presenti nelle pareti a picco: il Leccio, unica quercia sempreverde e nei tratti più freschi e nei canaloni, il faggio. Lo strato erbaceo presente invece è ricco di specie come l’Asperula, l’Erba fragolina, l’Erba trinità e le belle fioriture dell'Aquilegia, dai fiori penduli azzurro-violetti e considerata sacra a Venere. Ai margini delle strade che attraversano il bosco è abbastanza frequente osservare la belladonna, velenosa e conosciuta come pianta delle streghe per i suoi effetti letali in seguito all'ingestione delle sue nere bacche. In realtà tutte le parti della pianta sono tossiche, per la presenza di scopolamina nelle radici e di atropina nelle foglie, deve il suo nome a un personaggio della mitologia greca, Atropo, la Parca che tagliava il filo della vita. Si rinviene anche un lembo di castagneto, in località Costa di S. Benedetto, unitamente a diversi esemplari di agrifoglio e a specie erbacee ed arbustive, fra le quali vanno ricordate la Fusaggine con le sue caratteristiche infiorescenze, l'Erica, la Laureola o erba laurina, così chiamata per la somiglianza delle foglie a quelle dell'Alloro, l’Orchidea maggiore, il Pungitopo e la Scilla silvestre.
Le specie animali presenti sono molte e sono state illustrate grazie a riferimenti bibliografici e dati raccolti da differenti autori. Tra i rettili osservati e comuni nella zona sono presenti la Lucertola muraiola, l'Orbettino, una lucertola senza arti erroneamente considerata un serpente, il biacco. Più localizzati sono il ramarro occidentale, la lucertola campestre e la biscia dal collare, chiamata così per la caratteristica striscia di color giallo dietro la testa. Sono invece rari il Cervone, un serpente innocuo che sul dorso ha quattro barre scure longitudinali, la Vipera comune e il Colubro di Riccioli, rinvenuto recentemente con meno di 25 segnalazioni per la Regione Marche. Numerosi sono gli uccelli presenti o che possono frequentare l’area, in questo caso la loro presenza dipende della specie. Tra le specie nidificanti è stato individuato il Falco pellegrino, quello Pecchiaiolo ed il Lanario, rapido rapace in grado di sfruttare le correnti ascensionali; il Falco biancone, grosso come un’aquila e distinto per il piumaggio della parte inferiore, chiaro, e della zona del petto e testa di un tono bruno-marrone. Il rilievo è sorvolato da altre specie di interesse come il Barbagianni, il Succiacapre , protagonista di storie popolari, chiamato così perché in passato i pastori, vedendolo spesso nel gregge, immaginavano succhiasse il latte delle capre; il Rondone maggiore, l'Averla piccola e l'Ortolano. Sverna sulle rupi del monte, quando gli Appennini sono coperti di neve, il Gracchio corallino, un uccello dal nero piumaggio con becco e zampe di color rosso. Tra le specie migratrici conosciute sono presenti: la Cicogna nera con la sua migrazione primaverile, il Nibbio bruno e quello Reale, contraddistinti dagli altri rapaci per la coda forcuta (come quella delle rondini), più accentuata nel secondo, il Gruccione, un esile uccello dai vari colori e un piccolo passeriforme abile nel volo, chiamato Calandro.
L’unico mammifero di interesse comunitario è l’Istrice, facile osservare anche altre specie comuni come: il Riccio europeo occidentale, lo Scoiattolo, l’Arvicola di Savi, il Topo selvatico, la Volpe, il Tasso, la Donnola, la Faina; tra gli ungulati: il Capriolo ed il Cinghiale. I pipistrelli sono presenti in abbondanza, con più di 10 specie e sono maggiormente concentrati nelle aree boschive, caratterizzate da alberi morti come ad esempio i castagneti abbandonati, nella Fossa del Lupo e nella Grotta di Capradosso troviamo: il pipistrello Albolimbato, un pipistrello rapido piuttosto piccolo e dalle planate brevi con rotte circolari, c'è anche il pipistrello di Savi, con volo lento e rettilineo.
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