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Frazione che si trova ad oriente di Sant'Omero,
Oggi è piuttosto rimaneggiata e non mostra la sua centenaria storia, più antica anche del capoluogo. Infatti i primi reperti rinvenibili in zona sono da riferirsi alle Grotte dei Saraceni, situate nel suo territorio, inoltre sono state rinvenute anche opere idrauliche di origine romana. La zona compare nelle carte intorno al medioevo, quando era denominata "Celli" che nel 988, un religioso di nome Trasmondo, cede all'abbazia di Montecassino insieme a tutti i suoi territori. Nel 1019 ci sono altre acquisizioni di terreni siti nella zona, stavolta da Deodato di Gontardo che ne fa dono al monastero di Sant'Angelo in Marano, sempre sottoposto a Montecassino. L'anno seguente Giovanni di Pietro e Azzolino di Ilperino, faranno lo stesso e quest'ultimo aggiunge anche alcune quote della chiesa locale, dedicata a Santa Maria. Nel 1022 invece è un sacerdote: Lupone di Leone a donare ai cassinesi prima dei terreni in Acquaviva poi dieci anni più tardi altri a Celli. Arrivano le riconferme da parte dell'imperatore Lotario III nel 1137 e di Papa Clemente III nel 1188, ma da questo momento, probabilmente inizia la decadenza dell'insediamento. Rientra nei domini dei signori di Bellante ai quali si succedono gli Acquaviva nel corso della seconda metà del XIII secolo.
Il centro è ancora segnalato durante l'epoca angioina agli inizi del XIV secolo, ma viene infine incorporato al crescente castello di Sant'Omero, seguendone le vicissitudini storiche. Nel 1324 la chiesa di Santa Maria de Cellis è ancora un'ente autonomo e paga le decime insieme alle chiese di Sant'Omero e Santa Maria a Vico; il territorio invece nel XV secolo, non è più segnalato nei registri delle tasse aragonesi. Verso la fine del cinquecento viene distaccata dai domini degli Acquaviva per entrare a far parte dei territori Marchesato di Bellante, poi nel 1634 venduto ai principi Filomarino, che cinque anni più tardi rivendono agli Alarcon Mendoza. Quest'ultimi rimarranno signori del territorio fino all'epoca napoleonica, nel 1806 infatti viene abolita la feudalità e Case Alte diventa una frazione del nuovo comune.
Oggi non rimangono molte vestigia della sua lunga storia, l'abitato si mostra nella veste di ristrutturazioni recenti, vi si arriva percorrendo una stretta strada che scende all'angolo settentrionale delle mura di Sant'Omero, immergendosi nella campagna. Dopo poco più di un chilometro si risale fino a Case alte, posta sulla cima di un dolce colle e circondata dalle coltivazioni. Un grande slargo ritagliato tra le case è il centro dell'abitato ed anche la piazza principale, al centro la piccola chiesa di Santa Maria Assunta, di recente costruzione a ricordo dell'antica Santa Maria de Cellis, oggi scomparsa. Dietro svetta ancora la torre dell'acquedotto, un tempo tipica del paesaggio teramano, alla sua destra si distingue un blocco di case attraversato dalla strada che scende verso il fondovalle, uscendo dall'abitato. Queste sono l'unica rimanenza di quello che era il centro storico della località, che fin dalla sua origine, consisteva in una serie di abitazioni coloniche assiepate sulla cima del colle. I numerosi rimaneggiamenti del XX secolo ne hanno cancellato gran parte delle tracce, rimane comunque il bel panorama visibile e la tranquillità che si respira.

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